È opinione diffusa che le banche, per lo più, non se la passino benissimo. La crisi finanziaria ha colpito in profondità ed ha fatto emergere limiti e responsabilità della governance. Meno difficile appare, invece, la situazione dei compensi che vengono riconosciuti con generosità ai banchieri. Tutti, nessuno escluso. Persino a quelli che la cronaca consegna al Paese per essere stata la causa principale della difficoltà di istituti in passato ritenuti più che solidi.
A disegnare lo scenario dei compensi dorati dei top manager bancari è lo studio di First Cisl ripreso oggi con grande evidenza con un articolo di Claudia Carvini dai quotidiani La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno. Lo studio evidenzia i compensi milionari elargiti a presidenti, amministratori delegati e direttori generali. I dati si riferiscono al 2016 ed attestano che sono stati ben 18 i top manager che hanno ricevuto compensi per più di un milione di euro.
Nella tabella riportata a margine dell’articolo, dal titolo “In crisi le banche, non i banchieri. La classifica dei compensi dorati con 18 top manager milionari” a firma di Claudia Cervini, spicca UniCredit. Il suo ex amministratore Federico Ghizzoni, grazie ad una buonuscita di circa 10 milioni di euro, è sul gradino più alto del podio con quasi quindici milioni di compensi. Sugli altri due gradini del podio sono salite Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Seguono tutte le altre più o meno grandi aziende bancarie, più o meno in salute.
“I problemi più evidenti – ha spiegato Giulio Romani, segretario generale di First Cisl – sono due. Il primo è che mentre si continuano a pretendere pesanti sacrifici dai dipendenti, sia in termini di salario, sia in termini di posti di lavoro, i compensi dei manager bancari continuano ad esser altissimi. Il secondo è che la retribuzione manageriale è sostanzialmente fissa anche se le banche guadagnano meno o addirittura chiudono in perdita. Le direttive europee e la regolamentazione della Banca d’Italia presupporrebbero che i vertici bancari venissero pagati in base ai risultati ottenuti, invece in Italia le loro lussuose prebende sono sostanzialmente invariabili. Come si fa a ricostruire un clima di fiducia se il buon esempio non proviene dai vertici?”