“Nessuna vendetta, ma la ricerca della verità”: è questa la sottolineatura di Riccardo Colombani, della segreteria nazionale di First Cisl, in merito alla controdenunce presentate da due dipendenti di Banca Etruria nei confronti di due obbligazionisti che li avevano querelati dopo essersi visto azzerato il loro investimento. Ne dà ampio conto il Corriere di Arezzo, che ricorda che “due denunce sono state presentate in Procura ad Arezzo dall’avvocato Maurilio D’Angelo, il legale del sindacato First Cisl che assiste una trentina dei 47 dipendenti indagati per l’ipotesi di truffa”.
“Sotto la lente – ricorda Marco Antonucci nell’articolo intitolato “I dipendenti denunciano i risparmiatori azzerati: false accuse contro di noi” – c’erano finiti i Mifid, i famosi (o famigerati) questionari sui profili di rischio che più d’uno aveva lamentato essere stato modificato a sua insaputa”.
“C’è un tratto comune – spiega nell’articolo l’avvocato D’Angelo – che unisce questi casi: dai documenti emerge che i due clienti della banca non rilasciarono i questionari ai lavoratori oggi sottoposti ad un ingiusto procedimento penale, bensì ad latri lavoratori, diversi mesi prima delle conclusione dell’investimento. Questi questionari non furono oggetto di modifica, né prima, né contestualmente alla conclusione delle operazioni di acquisto o sottoscrizione delle obbligazioni subordinate. Quindi i dipendenti sottoposti ad azione penale, in questi casi, non hanno influito in alcun modo nella determinazione del profilo di rischio degli investitori”.
Il Corriere di Arezzo ricorda che le prove documentali raccolte sul tema “secondo Maurilio D’Angelo, puntano tutte in una sola direzione: l’assoluta estranierà dei dipendenti all’ipotesi contestata di truffa. «Non hanno fatto altro che il loro lavoro, non ricavandoci alcun guadagno economico o di carriera. E in moltissimi casi hanno acquistato loro stessi o i loro familiari quelle obbligazioni».