Banca Carim: nessun colpevole, solo vittime

Si è chiuso con un’assoluzione generale il processo di primo grado che vedeva imputati i vertici della Cassa di Risparmio di Rimini antecedenti il commissariamento disposto da Banca d’Italia nel 2010

Il Tribunale Collegiale di Rimini ha disposto il “non luogo a procedere” nei confronti di tutti gli imputati in ordine al reato a loro ascritto di “associazione a delinquere finalizzata al falso in bilancio” relativamente alla semestrale 2010, nella quale, secondo l’accusa, non erano citate perdite per circa 29 milioni di euro, un’ipotesi di reato che poi il Pubblico Ministero aveva chiesto di riformulare in “omissione volontaria di informazioni”. Assoluzione piena perché “il fatto non sussiste” anche in ordine agli altri capi di imputazione contestati ai manager, da più parti indicati come i colpevoli della grave crisi che ha colpito la Carim.

Mentre il processo faceva il suo corso, come noto, la banca riminese è passata di mano e, al pari della vicina Cassa di Risparmio di Cesena, è passata al gruppo francese Cariparma – Crédit Agricole che ne ha rilevato la proprietà, operando un “salvataggio” (vedi Cesena, Rimini e San Miniato: fusione in Cariparma). Per poter addivenire a questa soluzione si è però reso necessario un terzo intervento di riduzione del personale nel giro di sei anni, nell’ordine di circa un centinaio di dipendenti, per i quali la FIRST CISL e le altre Organizzazioni Sindacali hanno sottoscritto un faticoso accordo unitario al fine di fornire adeguate garanzie reddituali a chi, volontariamente, lasciava il posto di lavoro. Ma le preoccupazioni per i lavoratori non sono certo finite, visto che, per poter entrare a pieno regime all’interno di Cariparma (operazione che avverrà ufficialmente il prossimo 9 settembre), potrebbero rendersi necessari ulteriori interventi di carattere organizzativo, come le mobilità professionali e territoriali. Processi che i sindacati aziendali e territoriali seguiranno con enorme attenzione al fine evitare o limitare il più possibile le ricadute sui lavoratori ed al contempo garantire dignità ed equità a quanti saranno coinvolti.

Colpiti dal dissesto aziendale non sono stati solo i dipendenti, visto che anche la comunità locale ha pagato un prezzo pesante, in particolare coloro che che avevano investito in azioni della banca riminese: le associazioni Adiconsum, Federconsumatori e Adoc hanno richiesto un incontro a Crédit Agricole, ma hanno già dichiarato che 0,194 euro ad azione proposti sono pochi per chi ha investito i propri risparmi, “un pugno di lenticchie offerto a chi ha più pagato il costo di questa crisi”. In questa triste vicende, come purtroppo in tante altre simili, ci sono “vittime” certe, dipendenti e azionisti, mentre per ora non ci sono colpevoli…

Al proposito, è di assoluta attualità l’iniziativa lanciata recentemente da CISL e FIRST CISL: “Adesso Banca” – Manifesto per la tutela del risparmio e del lavoro”, un documento che persegue la riforma socialmente utile del sistema bancario. Il sesto punto del manifesto recita: “Punire i responsabili dei disastri bancari. Accorpamento in un’unica nuova legge di tutti i reati economici che provocano allarme sociale e minano la fiducia nel sistema finanziario. Istituzione del reato di disastro bancario con specifiche aggravanti per i danni che i top manager responsabili dei dissesti delle banche procurano all’occupazione ed al risparmio privato. Creazione di una Procura dedicata ai reati finanziari”.

Per FIRST CISL le banche devono tornare ad essere la cassaforte del risparmio degli italiani, il terreno fertile su cui far crescere le risorse del Paese. Le banche non comprano e non vendono denaro, ma fiducia. La fiducia dei risparmiatori, delle famiglie, delle imprese. Una fiducia che è stata in troppi casi tradita. “Il caso Cassa di Risparmio di Rimini, così come diversi altri, – commenta Stefano Manzi, Segretario Generale FIRST CISL Romagna – ci deve far riflettere e smuovere le nostre coscienze. Dobbiamo batterci affinché diventi possibile, un giorno, produrre utili senza rinunciare a quanto affermato dagli articoli 41 e 47 della Costituzione in materia di responsabilità sociale, tutela del risparmio e sviluppo del credito”.