Salute e sicurezza del lavoro, un approccio di genere

Lo stato depresso nel quale la donna si trova nella società oggigiorno […] essendo maritata e trovandosi sotto il dominio del marito, ella è sempre in uno stato di inferiorità che la opprime, ella non può difendersi, lottare – le leggi, come gli usi sociali, le prescrivono di patire e di tacere […]

Così si esprimeva nel 1893 Maria Fischmann, prima donna a laurearsi a Pisa in Medicina e militante femminista a cavallo tra Otto e Novecento, la prima scienziata ad interessarsi al trattamento sociale riservato alle donne a quei tempi e ad esaminarlo alla luce delle conseguenze mediche e psicologiche che ne derivavano.

Su questi temi, e sul più ampio panorama delle tematiche di genere e pari opportunità, si è tenuto a Bari un seminario nell’ambito del progetto Formativo della Regione Puglia e della ASL di Bari “Salute sul lavoro ed approccio di genere: opzioni metodologiche ed epistemologiche”, con il contributo di autorevoli studiosi e accademici, condotto e moderato da Stella Sanseverino, Consigliera di Parità Città Metropolitana di Bari e Responsabile del Coordinamento regionale della First Cisl per le politiche di parità.
Numerosissima la partecipazione da parte di operatori socio-sanitari, tecnici ASL ed assistenti sociali, pubblici amministratori, giuslavoristi, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e sindacalisti, e grande interesse per un’occasione di studio ed approfondimento a 360° sui molteplici aspetti del ruolo della donna nel mondo del lavoro in Italia, riguardo agli aspetti legati alla sua salute e sicurezza (in quanto donna, spesso gestante e ancor più spesso madre), ma anche rispetto ai risvolti sociali ed antropologici che il contributo del lavoro femminile apporta alle famiglie, alla società ed al Paese.
Le interessanti relazioni accademiche che si sono succedute hanno evidenziato alcuni spunti di riflessione:

  • Innanzitutto, in Italia il mercato del lavoro vede le donne subire un differenziale salariale, rispetto agli uomini, non solo tra i peggiori in Europa, ma addirittura tra i peggiori del mondo, ottantaduesimo posto tra 144 Paesi!
  • Inoltre le donne italiane, statisticamente, affrontano in casa un elevato “carico di cura”, stante la cronica carenza delle strutture sociali di supporto alla famiglia ed il generale invecchiamento della popolazione: ben il 65% delle donne in Italia deve occuparsi di un disabile, spesso un anziano, e “soltanto” il 33% anche di bambini piccoli. E questo carico di cura non solo si riflette su mancate opportunità di lavoro o di carriera, ma anche sulla preoccupante maggiore incidenza statistica, nelle donne lavoratrici rispetto ai loro colleghi maschi, di infortuni in itinere o sul lavoro ad inizio turno.
  • Infine, gli interventi in Medicina del Lavoro hanno evidenziato, alla luce degli approfonditi studi presentati nel corso del convegno, le peculiari patologie e gli specifici rischi sanitari a cui le donne lavoratrici sono esposte con maggior incidenza rispetto agli uomini. Ne consegue l’auspicio di una maggiore partecipazione femminile al ruolo istituzionale di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza nelle aziende italiane, prerogativa sinora, quasi sempre, inspiegabilmente, riservata a lavoratori maschi, i quali però – rivelano gli studi – percepiscono il rischio e i pericoli in maniera ben diversa e peggiore rispetto alle proprie colleghe donne.

A conclusione dei lavori, è emersa quindi la consapevolezza di una lunga strada ancora da percorrere in Italia per un’efficace parità di condizioni sociali e di lavoro tra uomini e donne.
È emersa anche la necessità di superare, culturalmente e lessicalmente, la visione datoriale legata alla produzione che porta a parlare di “salute e la sicurezza SUL lavoro” per parlare invece di “salute e sicurezza DEL lavoro”, una visione che metta al centro il  benessere della persona lavoratrice, unica condizione per far sì che il lavoro sia realmente uno strumento di compimento e realizzazione della persona umana.