Il suffragio femminile in Italia: ieri, oggi e domani!

Durante la Rivoluzione Industriale, nella seconda metà del Diciottesimo secolo, la società europea comincia a mutare profondamente. Il diffondersi del lavoro nelle fabbriche modifica le abitudini di vita delle famiglie, spostando il centro della quotidianità dalle campagne alle città, sempre più numerose e popolate.

In questo processo sono naturalmente coinvolte le donne, che sempre più frequentemente abbandonano il focolare domestico per intraprendere nuovi percorsi di vita legati al lavoro. Molte prestano la propria opera nelle fabbriche, alcune negli uffici, altre ancora si dedicano all’insegnamento.

Qualunque sia l’ambito di riferimento, nascono reti sociali ed occasioni di confronto inesistenti fino ad allora e questo è forse l’aspetto più affascinante di questo processo sociale evolutivo. Le donne diventano sempre più consapevoli del proprio contributo al sostentamento della famiglia, del valore oggettivo del lavoro svolto fuori casa, che si aggiunge a tutti gli altri oneri familiari che rimangono in capo a loro. Si crea un dialogo critico e costruttivo che fa pian piano emergere un malcontento generale di fronte alle evidenti disparità di trattamento riservate agli uomini e alle donne. I salari sono più bassi, e questo è solo l’aspetto più evidente. Ma anche le posizioni disponibili all’interno delle aziende vedono disparità di considerazione.

È in questo contesto storico che alcune donne cominciano a prendere coscienza del fatto che, a parità di impegno e di rendimento, non esiste equità tra i sessi né dal punto di vista economico, né da quello del riconoscimento sociale.

Dal rendersi conto di queste discrepanze, al comprendere che l’unico punto di partenza costruttivo possibile è diventare parte attiva nelle fasi decisionali dell’organizzazione sociale, il passo è breve. Cominciano così a nascere in tutta Europa i primi movimenti femminili che ingaggiano una lotta instancabile per ottenere il diritto di voto per le donne, che vogliono essere ed essere riconosciute “cittadine” a tutti gli effetti.

Il processo di cambiamento in atto arriva anche in Italia, seppur con qualche ritardo rispetto ad altri paesi del nord Europa, e muove le prime mosse negli ambienti culturali della nuova borghesia progressista.

Quando si parla di suffragio femminile nel nostro Paese, si ricorda spesso il contributo portato da nomi illustri come Giuseppe Mazzini e Salvatore Morelli, o Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti più avanti: uomini di potere che hanno attivamente sostenuto il movimento suffragista femminile. Ma quali furono le donne che più di altre avviarono, sostennero ed alimentarono la lotta per la conquista del diritto di voto per le donne?

La prima figura da ricordare è Anna Maria Mozzoni, nata a Milano il 5 Maggio 1837, che già a partire dalla seconda metà dell’800 cerca di sensibilizzare le donne e la società tutta in merito all’iniquità del sistema elettorale vigente. In una petizione del 1877 scrive: “Questa massa di cittadini (le donne) che ha diritti e doveri, bisogni ed interessi, censo e capacità, non ha presso il corpo legislativo nessuna legale rappresentanza, sicché l’eco della sua vita non vi penetra che di straforo e vi è ascoltata a malapena”.

È una donna colta, ricca, che ha accesso alle idee più moderne che circolano nella società europea del tempo ed è profondamente conscia del fatto che secoli di sottomissione non hanno permesso ad altre donne di sviluppare il suo stesso tipo di consapevolezza. Suo impegno costante sarà farsi portavoce di tutte queste donne.

Qualche anno più tardi, con esattezza il 28 Dicembre 1899, nasce a Milano l’Unione Femminile. Le fondatrici sono una decina di donne visionarie, pioniere, simbolo del nuovo mondo che sta nascendo. Ecco le firmatarie dell’atto costitutivo: Ersilia Majno Bronzini, Ada Garlanda Negri, Nina Rignano Sullam, Edvige Vonwiller Gessner, Adele Riva, Antonietta Pisa Rizzi, Jole Bersellini e Rebecca Calderini. Vogliono sfidare gli antichi schemi patriarcali che tengono le donne in una posizione subalterna rispetto agli uomini, sono profondamente insofferenti rispetto al sentirsi mogli prima ancora che cittadine, madri prima che persone in grado di prendere decisioni autonome.

Nel giro di pochi anni, le loro idee si diffondono in tutto il territorio italiano grazie ad uno spirito di condivisione e di sorellanza che porterà, nel 1905, alla trasformazione del nucleo originario nell’Unione Femminile Nazionale. Le ormai migliaia di componenti dell’Unione lottano non solo per il suffragio femminile, ma anche per ottenere delle leggi sul divorzio, sulla tutela dei minori e per la difesa delle donne vittime di violenza ( a loro si deve la fondazione dell’Asilo Mariuccia, un rifugio per le ragazze vittime della tratta e della prostituzione).

Si uniscono poi alla causa suffragista, attraverso i loro scritti e le loro azioni, personalità del calibro di Maria Montessori, pedagogista, educatrice e filosofa, della quale si ricorda la raccolta di testi “Una conquista di libertà. Lettere di educazione e indipendenza” e Grazie Deledda, scrittrice vincitrice del Premio Nobel che nel 1909, con atto provocatorio, si candida per il Collegio di Nuoro nella XXIII legislatura del Regno d’Italia, mettendo la propria popolarità al servizio della causa suffragista in un tempo in cui alle donne non era ancora riconosciuto né l’elettorato attivo, né quello passivo, ovvero la possibilità di essere elette.

Grazie all’instancabile lavoro di tutte queste donne, coadiuvate da uomini lungimiranti, il primo Febbraio 1945 viene emanato il Decreto Legislativo n. 23, che conferisce il diritto di voto alla popolazione femminile italiana, seguito a poco più di un anno di distanza da un ulteriore decreto che concede alle donne anche il diritto all’elettorato passivo, ovvero la possibilità di essere elette.

Le donne italiane vengono chiamate alle urne alle prime elezioni amministrative del dopoguerra, nel Marzo del 1946. Lo stesso anno, il 2 Giugno, votano per l’elezione dell’Assemblea Costituente e per il Referendum istituzionale che trasforma l’Italia in una Repubblica: vi prende parte l’82% della popolazione femminile.

Il lungo lavoro della Commissione per la Costituzione, della quale fanno parte 5 donne (Nilde Jotti, Lina Merlin, Maria Federici, Angela Gotelli e Teresa Noce), porta nel 1948 alla redazione della Costituzione della Repubblica Italiana nella quale, all’art. 5, si garantiscono esplicitamente alle donne pari diritti e pari dignità in ogni contesto, incluso quello elettorale.

È giusto ricordare che il suffragio universale, per come lo conosciamo oggi, è frutto di lunghe trattative e battaglie. Grazie all’impegno senza tregua di persone per le quali la

dignità e l’equità sono sempre stati principi imprescindibili, noi siamo oggi libere e liberi di esprimere la nostra volontà in merito alle questioni più importanti che regolamentano la società civile. Tutti noi rendiamo onore all’impegno di chi ci ha preceduti ogni qualvolta esercitiamo il nostro diritto-dovere di voto.

Le elezioni europee rappresentano un momento cruciale per ribadire l’importanza della democrazia e della partecipazione cittadina. Il voto non è solo un diritto, ma anche un dovere civico che permette a ciascuno di noi di esprimere la propria voce e di contribuire al futuro dell’Europa.

In un mondo in cui le disuguaglianze di genere sono ancora presenti, è fondamentale che le donne siano protagoniste della scena politica, portando avanti istanze di parità, equità e giustizia. Partecipare al voto è un modo per garantire che queste istanze siano ascoltate e rappresentate.

Invitiamo tutte le cittadine e i cittadini a recarsi alle urne e a ricordare il valore e l’importanza del proprio voto. Soltanto attraverso una partecipazione attiva possiamo costruire un’Europa più inclusiva e giusta per tutti.

Coordinamento Donne e Politiche di Parità di Genere
                            First Cisl Lombardia


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