Banca Popolare Di Bari ed emergenza Covid-19

Il Covid può perfino peggiorare la situazione della Banca Popolare di Bari, di per sé già spinosa e critica, dal momento che nel suo Piano industriale ri-stilato dai commissari, appunto in funzione virus, prevede complessivamente 900 esuberi e 100 filiali da chiudere nell’arco di 5 anni. In buona sostanza, un taglio di un terzo dei numeri, criterio che molto plausibilmente potrebbe essere applicato anche all’Abruzzo con le sue 99 filiali e 800 dipendenti. Un piano tarato per le nuove esigenze.

“A pagare – dichiara Claudio Bellini, segretario regionale First Cisl – saranno per prima le filiali in rosso, o quelle più piccole, posizionate nell’entroterra che malgrado tutto assolvono ad una funzione socio-economica indispensabile”. Ed era questa la cornice che preoccupava molto il governatore Marco Marsilio, assieme al suo assessore Mauro Febbo: il presidente difatti chiamò all’appello, nel dicembre scorso, i parlamentari abruzzesi “a cominciare da quelli che sostengono il governo, nel difendere gli interessi regionali e nel darsi da fare perché vengano subito adottati provvedimenti risolutivi”.

Bellini, che fa capire come la misura potrà ancora essere trattata coi sindacati, anche se gli spazi di manovra saranno molto limitati, o quasi nulli. Fa dunque leva sulla politica “che è mancata finora, di certo non ci ha dato una grossa mano, un po’ perché le competenze sono quel che sono, un po’ perché anche Bankitalia poi ci ha messo lo zampino: qui siamo lontani dal capire che il credito è essenziale in questo momento, soprattutto per le piccole e medie imprese del territorio che dovranno ripartire al più presto”.

L’Informativa dei commissari segna l’avvio della procedura sindacale per l’approvazione del Piano che dovrà necessariamente attivare il Fondo esuberi. L’accordo con i sindacati, uno dei passaggi chiave del rilancio dell’istituto, sarà poi approvato dall’assemblea che guiderà anche la trasformazione in Spa della Popolare.

“Per il momento gli esuberi potranno riguardare i dipendenti a cinque anni dalla pensione, vi sarà un accompagnamento all’uscita e la ratio dovrà confrontarsi con i cinque anni su cui si spalma il Piano”.

Oltretutto ancora non si sa se la ripartizione sarà omogenea: se il terzo degli esuberi riguarderà anche Tercas e Caripe. Poi in tempi di Covid “questa situazione si aggrava perché c’è una corsa a usufruire dei prestiti messi a disposizione dal governo per gli imprenditori e delle anticipazioni per la cassa integrazione ma gli istituti di credito vanno ciascuno per la loro strada, non c’è una direttiva unica”.

Bellini spiega che non vuole atteggiarsi a Robespierre ma “il management che ha sbagliato dovrà pagare: parlo di coloro che hanno guidato la banca in questi anni e si sono macchiati di colpe, anche agli occhi dei dipendenti che dinanzi ai clienti fanno il massimo giorno dopo giorno per riabilitarsi e riabilitare l’immagine della banca”.

E difatti non è in mistero che diversi depositi, alla luce dei fatti, stanno volando verso altri lidi “in altre banche che fanno di tutto per attirarli”.

Il rammarico del sindacalista è quello di aver visto una Bankitalia troppo attendista in questa vicenda: “Poteva approfondire meglio e prima la situazione patrimoniale barese evitando passaggi dolorosi ai dipendenti”.

La road map ora prevede che la due diligence verrà terminata entro il 25 maggio e l’assemblea per il 30 giugno.

Il consigliere regionale Pd, Dino Pepe, teme anche la tenuta degli anticipi di cassa integrazione “visto che il sistema bancario è così fragile: si avranno problemi per l’economia regionale delle famiglie meno robuste. Con queste richieste di esuberi piove sul bagnato: Tercas e Caripe avevano già pagato il loro prezzo quando sono state assorbite”.