Nei primi nove mesi dell’anno gli utili crescono oltre il 7%. Decisiva la performance delle commissioni nette, resa possibile anche dalla continua spinta del risparmio gestito, mentre prosegue la discesa del margine d’interesse. Gli impieghi restano stabili rispetto ad un anno fa, nonostante un costo del rischio contenuto. I primi cinque gruppi bancari hanno tagliato poco meno di 6.700 posti di lavoro. Colombani: il risparmio non arriva all’economia reale, ma è decisivo per il conto economico delle banche
Terzo trimestre da incorniciare per i primi cinque gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper) grazie alla crescita sostenuta delle commissioni nette e dell’attività assicurativa. Praticamente fermi invece gli impieghi, nonostante il costo del credito si attesti ancora su valori molto contenuti. È il quadro che si ricava dall’analisi dei bilanci condotta dalla Fondazione Fiba di First Cisl.
Nei primi nove mesi dell’anno gli utili netti delle 5 big salgono oltre 21 miliardi di euro, in aumento del 7,3% rispetto allo stesso periodo del 2024. Nonostante la contrazione del margine di interesse (- 5,4%) a seguito del calo dell’Euribor, i proventi operativi risultano in ulteriore, anche se lieve, crescita (+ 0,7%), trainati dalle commissioni nette (+ 6%), dal risultato dell’attività assicurativa (+ 12,6%) e dagli altri ricavi (+ 29% – in particolare da rivalutazione di attività finanziarie).
Sempre più commissioni da gestione del risparmio e attività assicurativa
La crescita significativa delle commissioni nette è da ascrivere principalmente alla componente dell’attività di intermediazione e gestione del risparmio, che incide per il 62,4%, in aumento del 9,8%. L’aggregato delle commissioni nette e del risultato dell’attività assicurativa in rapporto ai proventi operativi si attesta al 38,8%, rispetto ad una media stimata delle principali banche europee del 27,4%. Da segnalare la crescita della raccolta indiretta ed in particolare del risparmio gestito, rispettivamente del 14,8% e del 21,8% (+ 12,3% e + 11,9% al netto di Anima, consolidata in Banco Bpm), fenomeno che determina l’incremento delle commissioni nette.
Occupazione ancora in calo
Stabili i costi operativi (+ 0,2%) e il costo del personale (+ 0,1%), nonostante gli incrementi previsti dal contratto nazionale Abi. Il numero di lavoratrici e lavoratori si riduce di 6.682 persone rispetto al 31 dicembre 2024 (- 2,9%). L’incidenza del costo del personale sui proventi operativi tocca ulteriori minimi, passando dal 24,8% al 24,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Allo stesso modo il cost/income registra una flessione dal 40% al 39,8%, inferiore di oltre 12 punti percentuali alla media stimata dei principali competitor europei (52,5%). Aumenta la produttività, con un incremento del rapporto commissioni nette/dipendenti (+ 8,5%) e del risultato netto di gestione pro capite (+ 4,2%).
Credito al rallentatore
Impieghi sostanzialmente stabili rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+ 0,7%), con un costo del rischio estremamente contenuto pari a 21 punti base. Cala ulteriormente l’Npl ratio netto, passando dall’1,4% all’1,3% rispetto alla fine del 2024, mentre gli stage 2 sono in calo del 2,6%. Rimane elevata la patrimonializzazione con un Cet1 del 14,3%, nonostante la generosa distribuzione di dividendi e le operazioni di buyback.
Colombani: il risparmio non arriva all’economia reale, ma è decisivo per il conto economico delle banche
“I risultati dei principali gruppi bancari italiani confermano una tendenza ormai consolidata: con il margine d’interesse in calo, i proventi operativi sono spinti dalle commissioni e dal risultato dell’attività assicurativa – sottolinea il Segretario generale nazionale First Cisl Riccardo Colombani – È la conferma che, a prescindere dalle etichette dei modelli di business, i primi cinque gruppi bancari italiani prediligono la gestione del risparmio, con le positive conseguenze che ciò determina, rispetto all’assunzione di rischi con l’esercizio del credito. E l’attività assicurativa, almeno sino ad oggi, consiste per la stragrande parte nella gestione del risparmio delle famiglie, soprattutto attraverso prodotti finanziari assicurativi. Insomma, il risparmio dei cittadini viene trasformato in un prodotto da collocare, non in una risorsa per la crescita del Paese”.
“Da una parte, infatti, sul fronte del credito non si registrano segnali di inversione. La crescita degli impieghi nei primi nove mesi dell’anno è stata pressoché irrilevante, nonostante il basso costo del rischio – prosegue – Dopo anni di riduzione, lo stock di prestiti alle imprese è ancora inferiore di oltre un terzo rispetto ai livelli del 2011, mentre le garanzie pubbliche alla fine dello scorso anno ammontavano a poco meno di 300 miliardi di euro. Le banche hanno assorbimento ridotto o zero del capitale, trasferendo i rischi allo Stato. Ciò nonostante, non dimostrano la volontà di migliorare le condizioni di offerta del credito. Dall’altra parte, come noto, il risparmio gestito non determina affatto maggiori investimenti in Italia, vista la piccola dimensione del nostro mercato dei capitali. In ultima analisi, a parte gli azionisti che sono destinatari di ogni attenzione, il valore prodotto non viene redistribuito: continua il calo dell’occupazione, le pressioni commerciali aumentano, non migliorano le condizioni in favore della clientela”.
“È tempo di un cambio di rotta – conclude Colombani – Le banche devono fare grandi investimenti in tecnologie che siano complementari al lavoro, ossia a sostegno dell’attività delle lavoratrici e dei lavoratori, e devono investire nella formazione permanente, proprio in considerazione della rivoluzione digitale in atto. Servono modelli di business e di servizio incentrati sulle persone, coadiuvate da nuove tecnologie e modelli distributivi che includano le fasce più fragili della clientela”.
Qui l’analisi sulle trimestrali delle banche big 5 al 30 settembre 2025
Qui tutte le analisi della Fondazione Fiba di First Cisl

