Wob, preoccupano i dati su fondi europei, lavoro e industria

Preoccupazione sembra essere il comune denominatore che in questi giorni accompagna i contenuti di alcuni siti istituzionali e giornalistici riguardo i dati sulla produzione industriale, l’occupazione e i tagli ai fondi europei destinati al nostro Paese:

“Insufficienti”: con un taglio del 10% rispetto al precedente periodo, così il Cnel considera i fondi europei per la coesione stanziati per il ciclo 2021-2027. Si tratterebbe complessivamente di 42,77 mld destinati all’Italia (ai quali si somma un contributo nazionale di 30,96 mld). Nel riportare alcune puntuali proposte a livello europeo, attraverso il documento di Osservazioni e Proposte concernente “I fondi strutturali europei: elementi di criticità del sistema-Paese Italia” il Cnel ha espresso preoccupazione per alcune misure che metterebbero a rischio gli investimenti proprio in quei territori caratterizzati da maggiori difficoltà strutturali come il Mezzogiorno.

Repubblica riporta gli ultimi dati Istat sull’occupazione: a novembre il mercato del lavoro si è mantenuto stabile: disoccupazione al 10,5% (-0,1), con un calo maggiore per quella giovanile che si attesta al 31,6% (-0,6). I 99mila nuovi posti di lavoro a novembre rappresenterebbero però il minor aumento dal 2015. In aumento gli inattivi (+0,2%) ovvero chi non ha un lavoro e non lo cerca. Interessante il grafico con i dati Eurostat che permette di confrontare il trend occupazionale tra i vari paesi europei: il tasso di occupazione italiano, fermo al 58,6%, appare tra i più bassi dell’Ue.

Se l’occupazione tiene è la produzione industriale che crolla a novembre. Illustrando i dati Istat, Repubblica sottolinea come nel -2,6% di novembre sia sprofondato il settore auto (-19,4%). Per L’Istat “l’attuale fase di debolezza potrebbe proseguire anche nei prossimi mesi”, per il calo della fiducia e delle aspettative dei consumatori, che si aspettano una crescita della disoccupazione. Per l’editorialista Rossella Bocciarelli, del Sole 24 Ore, è andata molto peggio delle attese, con gli analisti che si attendevano un -0,7% al posto del -2,6%. Se il Pil dovesse confermare il segno negativo del terzo trimestre 2018, l’Italia si troverebbe in recessione tecnica, riducendo drasticamente le chance di crescita nel 2019.

Su Start Magazine, Paolo Mameli, senior economist della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, ritiene che sul calo della produzione industriale, maggiore del previsto, avrebbero pesato il “ponte” di inizio mese e le condizioni meteo sfavorevoli su tutta Italia, stimando un recupero seppur parziale riferito a dicembre. Avrebbe giocato un ruolo anche l’incertezza sulle prospettive fiscali e finanziarie del Paese legata alla tormentata vicenda della Legge di Bilancio. Per il momento non ci sarebbero segnali convincenti di inversione di tendenza e l’uscita debole dell’anno appena concluso dovrebbe pesare inevitabilmente sulla crescita media 2019.