Assicurazioni, Colombani su Economy: l’Ania si deve rafforzare. Il contratto nazionale è strumento per rilanciare l’attività assicurativa

“Colombani (First Cisl): «L’Ania si deve rafforzare. Il contratto nazionale è strumento per rilanciare l’attività assicurativa»” e “Italia sottoassicurata e il debutto dell’Arbitro: cosa cambierà per il settore” sono rispettivamente il titolo e il sottotitolo con cui Economy Magazine pubblica un’intervista al Segretario generale nazionale First Cisl, Riccardo Colombani. Di seguito il testo integrale:

Per capire perché questo comparto così strategico come quello assicurativo continui a rimanere ai margini del dibattito pubblico – e quali sfide lo attendono tra manovra, sottoassicurazione del Paese e l’arrivo del nuovo Arbitro assicurativo – abbiamo raccolto il punto di vista del Segretario generale nazionale First Cisl, Riccardo Colombani.

In Italia si parla sempre delle banche, mentre le assicurazioni restano sullo sfondo del dibattito. Perché secondo lei?

È vero, le assicurazioni restano sullo sfondo del dibattito, eppure la funzione economica e sociale che svolgono è cruciale. Forse dovrebbero presentarsi come sistema integrato nelle dinamiche sociali ed economiche del Paese e non come settore di imprese concorrenti. Facendo prevalere la competitività interna, disperdono la forza intrinseca di un’attività con prospettive di forte crescita, visto l’aumento inevitabile della domanda di protezione della salute, derivante dall’invecchiamento della popolazione, e del patrimonio, per l’intensificarsi di fenomeni catastrofali.

Giustamente il Presidente di Ania, Giovanni Liverani, nella relazione annuale del luglio scorso ha evidenziato la necessità di rilanciare lo spirito associativo. D’altra parte, l’industria assicurativa ha subito grandi trasformazioni negli ultimi anni: ormai Poste Vita è un colosso nazionale dei rami vita. Intesa Sanpaolo e, più di recente, altri gruppi bancari hanno sviluppato la bancassicurazione all’interno del perimetro del conglomerato, utilizzando le agevolazioni del Danish Compromise.

Credo che siano ragioni già sufficienti per convincere gli assicuratori a fare sistema. Peraltro, c’è bisogno di una rappresentanza delle imprese forte e autorevole per potenziare la centralità delle persone del lavoro, modernizzando e rilanciando le relazioni industriali. La piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto nazionale contiene richieste che migliorano la qualità del lavoro, rafforzano la motivazione e rendono attrattivo il sistema delle assicurazioni per i giovani, così come auspicato dal Presidente Liverani. Sindacati e Ania sono quindi nelle condizioni di fare bene, senza dimenticare che il contratto nazionale è scaduto alla fine dello scorso anno.

Con la manovra il governo ha chiesto anche alle assicurazioni di dare un contributo. Cosa ne pensa? Qual è lo stato di salute di questo settore così importante per l’economia del Paese?

Nel testo bollinato l’Irap è aumentata al 7,90%, più del doppio della misura standard. Peraltro, le imprese di assicurazione versano già 12 miliardi di imposte, tra cui 9 miliardi sulle Riserve Matematiche. Comunque il loro stato di salute è molto buono: i premi sono in aumento, il combined ratio è in media molto migliorato, il contractual service margin è in crescita e la patrimonializzazione è ottima.

Come per le banche, anche per le assicurazioni ritengo ragionevole il contributo alla manovra, per consentire l’alleggerimento del carico fiscale per il ceto medio e per le altre misure redistributive. Ritengo auspicabile un riordino strutturale della fiscalità che orienti meglio l’attività assicurativa, magari con incentivazioni per stimolare migliori condizioni di offerta di protezione per famiglie e imprese.

L’Italia è un Paese sottoassicurato rispetto alla media europea. Come mai gli italiani amano così poco le polizze? E che cosa si può fare per spingerli a puntare di più sulla protezione?

Effettivamente l’Italia è drammaticamente sottoassicurata: è 23ª nell’Ocse nel rapporto premi danni/Pil. La causa è anche culturale. C’è una scarsa consapevolezza dei rischi, pertanto i premi sono percepiti come soldi buttati. Spesso i costi sono elevati. Complessivamente c’è poca fiducia nelle compagnie.

Le assicurazioni dovrebbero investire in programmi gratuiti di educazione assicurativa, da rivolgere a clienti e non clienti, per aumentare la domanda di protezione, al fine di coniugare l’aumento della proficuità dei business con la riduzione dei premi: il rafforzamento della mutualità è imprescindibile. Sono importanti politiche pubbliche di sostegno.

L’anno prossimo, precisamente il 15 gennaio, entrerà in funzione l’Arbitro assicurativo. Servirà a garantire un rapporto più trasparente tra la clientela e le compagnie?

L’Arbitro assicurativo è uno strumento alternativo delle controversie. È uno strumento di tutela semplice, rapido ed economico: il ricorso può essere presentato senza l’assistenza di avvocati, è deciso entro 180 giorni, prorogabili di ulteriori 90 giorni una sola volta per le controversie complesse, costa solo 20 euro che verranno restituiti al ricorrente se il ricorso verrà accolto. Segue l’istituzione di altri organismi di risoluzione alternativa delle controversie, quali l’Arbitro bancario finanziario (Abf) e l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf), che hanno avuto successo. Ha due attribuzioni in più: può suggerire soluzioni conciliative e può formulare giudizi equitativi sulle piccole controversie, come per l’Rc Auto. Ci sono quindi più chance per garantirne l’efficacia. Sarà molto utile.


L’intervista sul sito di Economy Magazine