Colombani: serve un nuovo capitalismo partecipativo, banche e assicurazioni tornino alla loro funzione sociale

“Il capitalismo procede attraverso delle fasi ed è evidente che oggi ci troviamo al tramonto di una di esse. Emerge la necessità di una nuova forma capitalistica, fondata sulla volontà di partecipare al dinamismo dell’economia e della finanza. Il sindacato ha compreso, e la nostra categoria lo ha dimostrato ampiamente, che in tempi straordinari non è sufficiente muoversi lungo percorsi ordinari, poiché si rischierebbe in questo modo di essere spettatori delle decisioni altrui. È quello che ha fatto la Cisl con la legge d’iniziativa popolare sulla partecipazione, che punta a valorizzare un tratto identitario dell’organizzazione dando finalmente attuazione all’articolo 46 della Costituzione, sia nella lettera che nello spirito. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che durante i lavori della Costituente fu un emendamento presentato, tra gli altri, da Giulio Pastore ad introdurre, in luogo di quello alla partecipazione, che suscitava divisioni, il riconoscimento del diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Il lavoro diveniva così collaboratore e non fattore della produzione. E questo al fine di garantire l’elevazione economica e sociale del lavoro e la sua ‘preminenza’, come disse Gronchi. Se vogliamo un cambiamento autentico è da questa visione che dobbiamo partire”. Lo ha dichiarato il Segretario generale nazionale First Cisl, Riccardo Colombani, intervenendo alla tavola rotonda Evolvere insieme verso un sistema finanziario più equo e sostenibile, al servizio della comunità, che si è tenuta nell’ambito del Congresso di First Cisl Lombardia.

“In questi anni il sistema finanziario è stato dominato dalla logica dell’efficienza a tutti i costi e dall’ossessione del breve periodo. Quello di cui abbiamo invece bisogno è un capitalismo che unisca gli obiettivi economici agli obiettivi sociali, anche e soprattutto per quanto riguarda banche e assicurazioni, che sono imprese dall’altissima rilevanza sociale – ha proseguito Colombani – Oggi purtroppo non è così. Le grandi banche italiane, anno dopo anno, hanno ridotto il credito all’economia reale, preferendo puntare sulla commercializzazione di prodotti finanziari dai quali ricavano commissioni sempre più elevate. Nel 2011 il credito erogato alle imprese non finanziarie ed alle famiglie produttrici ammontava a 1.009 miliardi. A fine settembre del 2024 siamo scesi a 667 miliardi. Per le imprese sotto i 20 dipendenti il calo è risultato ancor più elevato: da 190 a 105 miliardi. Il modello di banca-assicurazione che si sta imponendo, anche sotto la spinta della regolazione europea, poggia su un modello di servizio che rafforza questa tendenza: lo dimostra tra l’altro la spinta a commercializzare le polizze unit linked, gravate da commissioni pesantissime. In generale, in ambito assicurativo viene privilegiato il ramo vita a scapito del ramo danni, che per quanto riguarda il rapporto tra premi raccolti e Pil ci vede ben al di sotto dei principali partner europei. Una situazione che contrasta decisamente con l’esigenza di garantire la sostenibilità del business, anche se a parole tutti si proclamano d’accordo”.

In questo quadro, un ruolo importante al servizio del cambiamento possono giocarlo le banche di territorio, in particolare quelle di credito cooperativo: “La cooperazione è fondamentale per bilanciare la rincorsa all’efficientismo ed al gigantismo – ha sottolineato Colombani – Per questo riteniamo che le Bcc dovrebbero, sfruttando i vuoti che probabilmente si apriranno con questa tornata del risiko bancario, aumentare le proprie quote di mercato, sfruttando l’abbondanza di capitale disponibile. I due gruppi bancari del credito cooperativo possono contare oggi su 24 miliardi di euro di capitale Cet1, quello di primaria qualità, e ne utilizzano appena 8 per la loro attività. Con parte degli altri 16, che non possono redistribuire ai soci, potrebbero rilevare gli sportelli che verranno ceduti a seguito delle aggregazioni”.

Il credito cooperativo, inoltre, può essere il terreno sul quale sperimentare un approccio veramente sostenibile all’innovazione digitale e, soprattutto, all’intelligenza artificiale nella prospettiva di una transizione giusta: “Sarebbe veramente positivo – ha concluso Colombani – se le Bcc investissero su una piattaforma proprietaria di intelligenza artificiale per l’organizzazione del lavoro, regolata però da una visione antropocentrica in linea con quanto prevede l’Ai Act”.