Unipol, no smart working e sciopero. Sindacati, senza salute dipendenti al sicuro non si rientra in ufficio

La forte contrapposizione sullo smart working in Unipol porta allo scontro. L’azienda cessa il lavoro agile, i sindacati rispondono con lo sciopero generale e presidi in varie città.

Il braccio di ferro trova ampio spazio sugli organi d’informazione. “Lasciateci in smart working. Protesta dei dipendenti Unipol”, scrive l’edizione di torinese de La Repubblica. Per Il Messaggero “I lavoratori non vogliono ritornare in ufficio, scatta lo sciopero in Unipol”. L’edizione di Torino del Corriere della Sera titola “Sciopero a Unipol: «no al lavoro in presenza». Stessa impostazione nella titolazione de Il Mattino e Il Gazzettino: “I lavoratori non vogliono ritornare in ufficio, scatta lo sciopero all’Unipol”, “Unipol basta smart working, tutti in ufficio: ed è sciopero”. I temi del rientro in azienda, dello sciopero e del presidio dei lavoratori Unipol sono messi in evidenza da Il Secolo XIX.

La rassegna dei titoli è copiosa anche on line. Tiscali News, ForumItalia.info, Notiziedì rilanciano una nota dell’agenzia Dire: “Unipol, i lavoratori avanti per lo smart working: lo scontro con l’azienda si fa duro”.  Dei possibili sviluppi della protesta titola BolognaToday che titola “Fine smart working, sciopero Unipol. I sindacati: «la protesta proseguirà ad oltranza». Di ferri corti tra Unipol e dipendenti scrive il Corriere Nazionale.

«Non torneremo in ufficio – si legge sul Corriere Torino – finché Unipol non assicurerà la salute dei propri dipendenti. Non possiamo accettare la deriva decisionista dell’azienda, che ha rifiutato qualsiasi dialogo con i sindacati. Sciopereremo ad oltranza, non accettiamo di operare con le stesse disposizioni del pre Covid. La pandemia non è ancora finita».

L’agenzia nazionale di stampa Dire rilancia le considerazioni dei sindacati affidate a una nota unitaria. «L’azienda, sebbene l’assemblea prevedesse la copertura per tutto il turno di lavoro, tramite i propri referenti ha intimato a diversi colleghi di effettuare ugualmente l’ingresso in sede, rifiutando peraltro di garantire la possibilità di attingere dal monte ore previsto dal nostro contratto integrativo aziendale (12 ore annue di assemblea) per i colleghi privi delle ore sufficienti a coprire l’intera giornata. In sostanza, l’azienda ha negato ai propri dipendenti la possibilità di partecipare da remoto all’assemblea dalla propria abitazione-luogo privato». Su questo, proseguono, «abbiamo attivato tutte le opportune verifiche anche di carattere legale ma nel frattempo, per senso di responsabilità, abbiamo ritenuto opportuno privilegiare la massima tutela delle lavoratrici e dei lavoratori rimandando ad una data prossima lo svolgimento dell’assemblea prevista».

Lo scontro è destinato a inasprirsi come si può comprendere scorrendo il comunicato unitario, firmato da First Cisl e dalle altre organizzazioni sindacali.

«Confermiamo la nostra massima determinazione – scrive Corriere Nazionale – anticipando che la protesta proseguirà ad oltranza fino a ristabilire un dialogo serio e costruttivo tra sindacato e azienda». Le organizzazioni sindacali chiedono a Unipol di non archiviare lo smart working, relegandolo solo ai periodi di emergenza sanitaria «pretendiamo – scrivono – si giunga ad un accordo strutturale teso a valorizzare gli straordinari effetti che tale strumento avrebbe, anche in prospettiva, in termini di più ampia possibilità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, di aumento della produttività aziendale, nonché di beneficio rispetto all’impatto ambientale».

Sulla decisione di far rientrare in ufficio i dipendenti è netto il giudizio di Maurizio Cagnasso, Rsu First Cisl in Unipol che, alla giornalista di Repubblica, Stefania Aoi, dichiara: «Una scelta che va contro ogni logica. Anche con tutto il personale in telelavoro l’azienda ha fatto utili».