Colombani su Avvenire, sciopero Mps per fermare lo spezzatino e le chiusure

“Sciopero Mps per fermare lo spezzatino e le chiusure” è il titolo con cui il quotidiano Avvenire titola una lunga intervista di Pietro Saccò al segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani, in merito alle ragioni dello sciopero dei lavoratori della banca più antica del mondo, che si terrà il prossimo venerdì 24 settembre.

Per Colombani «c’è troppa incertezza». Di seguito il testo dell’intervista integrale:

Perché il piano del governo per Mps, che coinvolge Unicredit e Mcc, non vi piace?

«L’interesse di Unicredit è comprensibile: Mps ha molto valore da esprimere, per questo non può essere trattata come un’azienda decotta. L’ultima semestrale mostra che la banca è in deciso recupero. Nonostante la carenza di capitale determinata anche dall’operazione Hydra sugli Npl, i tagli al personale e la chiusura di molte filiali, i ricavi sono saliti del 7,7% e il volume del risparmio gestito dell’11%. Merito del legame col territorio e del formidabile impegno dei lavoratori. La qualità del credito è nella media del sistema, i nuovi Npl incidono meno che nelle altre banche. E infatti l’andamento è migliore di quello delineato dagli stress test nello scenario base per il 2021. Il governo ha motivato la scelta di privatizzare con gli impegni presi in passato con la Commissione Ue, ma il conto per lo Stato rischia di essere pesantissimo. Quanto a Mcc, è il perno di un progetto per la ripresa degli investimenti al Sud che può dare frutti importanti con la definizione di politiche creditizie mirate.

Di questo passo c’è il rischio che la strategia per Mps vada a sbattere contro l’opposizione dei sindacati, per ora mai consultati?

Questo governo ha mostrato apertura al confronto con i sindacati, ma non nel settore bancario. Su Mps siamo ancora in attesa della risposta del Mef alla richiesta di incontro presentata da tutte le sigle di categoria: un atteggiamento incomprensibile. Se l’operazione si concluderà il governo dovrà garantire tutele ai lavoratori di tutte le società coinvolte riguardo a uscite volontarie, mobilità territoriale e professionale. Purtroppo iniziative come la chiusura anticipata di 50 sportelli e il contratto di rete con Fruendo e Accenture alimentano l’incertezza e creano tensioni.

Dopo Intesa-Ubi l’operazione Unicredit-Mps riduce ulteriormente la varietà del settore bancario italiano. Quali sono i pericoli di questa concentrazione?

Il pericolo è quello di un’ulteriore stretta al credito. Dal 2011 i prestiti alle imprese sono diminuiti del 22%, quelli alle aziende sotto i 20 dipendenti addirittura del 27%. Sono state le banche di territorio a dare ossigeno alle imprese minori. Il credito cooperativo, ad esempio, detiene una quota di mercato del 25,3%. Senza mettere a rischio la stabilità del sistema ha dato un contributo importante, a riprova che la biodiversità bancaria è un valore da tutelare. Il calo dei prestiti alle piccole imprese è coinciso con il rafforzamento della posizione delle prima cinque banche, con un livello di concentrazione del mercato italiano che ha superato quello francese ed è ben al di sopra di quello tedesco. Con Unicredit-Mps salirebbe intorno al 60%.

Nel frattempo accelera la trasformazione in digitale del settore bancario. Come First Cisl avete da tempo avvertito dei rischi di un passaggio di questo tipo…

Uno dei grandi obiettivi del Pnrr è la transizione digitale: è indispensabile ma nel settore bancario serve cautela. Abbiamo la popolazione più anziana d’Europa e siamo agli ultimi posti come competenze digitali. Le filiali restano insostituibili per l’accesso ai servizi di consulenza sul risparmio e per il finanziamento delle piccole imprese, invece avanza la desertificazione bancaria. Ci ritroviamo con 2.800 comuni privi di sportelli. Anche comuni grandi: quelli sopra i 6mila abitanti sono 31, in gran parte al Sud. L’abbandono dei territori genera esclusione a danno dei più fragili: una preoccupazione della quale tutti si devono far carico.

 

L’intervista a Riccardo Colombani su Avvenire