Perché lo sciopero dei lavoratori pubblici ci riguarda tutti

La pandemia non può essere un alibi per declassare il lavoro e i diritti dei lavoratori. Il ruolo dei sindacati è stato determinante nell’assicurare, durante la prima ondata, adeguate condizioni di sicurezza in tutti i luoghi di lavoro. Questa lezione avrebbe dovuto aprire gli occhi a tutti sull’importanza di un corretto rapporto tra le parti sociali e tra queste e le istituzioni. Rapporto che non consiste nel fornire vaghe informative ex post, ma in un confronto continuo e partecipato, l’unico metodo in grado di produrre decisioni condivise e per ciò stesso efficaci.

Il governo ha dato però ben presto l’impressione di considerare la prassi concertativa come limitata all’emergenza. Per quanto riguarda le grandi decisioni di politica economica siamo infatti tornati rapidamente alle cattive abitudini del passato. Nonostante la gravità della crisi, i sindacati sulla manovra sono stati consultati solo a cose fatte. E anche per quanto riguarda il Recovery Fund e la gestione delle risorse da destinare alla ripresa e alla modernizzazione del Paese, l’esecutivo si è mosso finora in modo da tenersi le mani libere, rifiutando il confronto più volte richiesto dalle confederazioni.

Tutto questo avviene mentre le condizioni di fondo dell’economia reale si deteriorano rapidamente. Basti ricordare, a titolo di esempio, alcune delle grandi vertenze dell’industria, come ArcelorMittal, Whirlpool, Piaggio Aerospace. Oppure le incognite che ancora gravano su Alitalia, alle prese con un nuovo piano industriale nel pieno di una crisi che rischia di travolgere il trasporto aereo.

In molti casi gli effetti della pandemia si sono sommati ai problemi di un’economia che cresceva in modo molto stentato. Dall’edilizia alla grande distribuzione, dagli appalti nella sanità e nelle pulizie alla logistica e ai trasporti, non c’è settore che non sia toccato. Nel complesso i tavoli aperti al ministero dello Sviluppo Economico sono ben oltre cento, con alcune centinaia di migliaia di lavoratori coinvolti.

In questo quadro assume straordinaria rilevanza la questione della pubblica amministrazione. I sindacati del pubblico impiego hanno proclamato per oggi uno sciopero che è stato bersagliato dalle critiche di vasti ambienti della politica e dei media, critiche perlopiù sostenute da argomenti demagogici. Il più ricorrente è questo: poiché i lavoratori pubblici – si dice, anzi si accusa – hanno conservato il posto di lavoro e non hanno sofferto riduzioni di stipendio nei mesi segnati dalla pandemia dovrebbero astenersi da qualsiasi rivendicazione. Non varrebbe nemmeno la pena commentare, se non per sottolineare che, seguendo fino in fondo questa logica, bisognerebbe proporre la soppressione dei sindacati e di tutti i diritti dei lavoratori durante i periodi di crisi economica.

Va invece ribadito, come ha affermato a più riprese la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, che lo sciopero non punta solo ad ottenere il rinnovo del contratto, scaduto da tempo, ma anche a rivendicare l’assunzione dei tanti precari e un’autentica riforma della Pa. Una riforma destinata a rimanere una chimera senza investimenti sul lavoro. Si pensi solo alla sanità, ai rischi ed alle tensioni cui sono stati esposti tutti i suoi operatori in questo periodo, alle gravi lacune mostrate dal sistema nel fronteggiare il virus. L’emergenza ha dimostrato che tornare ad investire, dopo troppi anni di tagli, è una necessità assoluta, ma non c’è strategia che tenga se il primo investimento non è sulle persone.

Non si tratta quindi solo di reclamare un diritto – sacrosanto – al contatto di lavoro, ma di tutelare insieme ad esso i principi di solidarietà ed equità sociale sui quali poggia la nostra società.

Per queste ragioni oggi First Cisl è idealmente al fianco dei lavoratori della pubblica amministrazione e dei sindacati che li rappresentano. Perché siamo convinti che, mai come in questo momento, la loro battaglia ci riguardi tutti.

Roma, 9 dicembre 2020

Riccardo Colombani, segretario generale First Cisl