Mifid II, Colombani, la vera sfida è la consulenza indipendente

La prima immagine che mi viene in mente ogni volta che si discute della direttiva Mifid II è quella di uno splendido edificio rimasto incompiuto. Le intenzioni del legislatore comunitario, che com’è noto erano di elevare lo standard di protezione dei risparmiatori, sono rimaste in parte sulla carta. A due anni dalla sua adozione è il momento di interrogarsi sui suoi limiti e sui possibili correttivi. Non possiamo allora che definire positiva l’iniziativa assunta dalla Commissione Europea di promuovere una consultazione pubblica tra gli attori sociali per tastare il polso a chi, quotidianamente, con le norme della direttiva è chiamato a confrontarsi.

L’obbiettivo di affermare una maggiore trasparenza tra intermediari finanziari e clienti è da sempre in cima alle riflessioni di First Cisl, come nella proposta di riforma del sistema bancario che sono condensate nel manifesto AdessoBanca! Le nostre risposte al questionario diffuso dalla Commissione Ue non si sono limitate ad un esame delle criticità che esso segnala, ma ne hanno individuate anche altre, nel tentativo di offrire alla discussione un contributo articolato, in grado di stimolare un riesame complessivo della normativa e dei suoi presupposti teorici, non solo delle correzioni puntuali.

Da tempo segnaliamo come sia centrale la questione della consulenza indipendente. Oggi si tratta di un’esperienza marginale, quasi sconosciuta, non percepita dalla clientela come un’alternativa alla consulenza “classica”, non indipendente, offerta dalle banche. L’offerta disponibile rimane quindi ristretta a pochi prodotti finanziari, di fatto collocati quasi come ‘prodotti da banco’, che possono viziare la relazione intermediario-cliente. Si tratta di un tema strettamente connesso a quello degli incentivi. La Commissione Ue s’interroga sul loro potere di condizionare le prassi di collocamento e sull’opportunità di superare l’attuale disciplina. Credo però che il problema vada affrontato in un’ottica più ampia.

Partiamo dalla constatazione che le norme regolamentari sono attuate dalle banche in maniera talvolta inappropriata. L’art. 52 del Regolamento Intermediari Consob prescrive che gli intermediari non possono, in relazione alla prestazione di un servizio di investimento, pagare o percepire compensi o commissioni oppure fornire o ricevere benefici non monetari da qualsiasi soggetto diverso dal cliente, a meno che tali incentivi abbiano lo scopo precipuo di accrescere la qualità del servizio e sempre che non pregiudichino l’adempimento dell’obbligo di agire nel suo migliore interesse. C’è, purtroppo, un notevole scarto tra norme e prassi applicative.

La questione regolamentare ha dei riflessi evidenti anche riguardo alle politiche di remunerazione ed incentivazione del personale occupato presso gli intermediari finanziari. Dette policy non possono essere incompatibili con il dovere che gli intermediari hanno di servire al meglio gli interessi dei clienti. Ma ciò non basta. L’esperienza di questi anni dimostra che non è sufficiente porre limiti regolamentari al sistema degli incentivi (inducement) per garantire la tutela degli investitori. Oggi, infatti, il rispetto delle regole è demandato quasi esclusivamente alla funzione di controllo interno della banca, motore dell’azione disciplinare, che si attiva il più delle volte su reclamo del cliente, sanzionando, di conseguenza, i comportamenti individuali anziché le prassi organizzative e commerciali scorrette.

Il personale bancario riceve continue sollecitazioni verbali per il raggiungimento di budget prefissati mediante il collocamento massivo di prodotti finanziari, con indicazioni spesso in contrasto con le policy aziendali scritte. Ne deriva che risultano spesso non solo tollerati, ma di fatto premiati, comportamenti opportunistici (moral hazard) tesi al raggiungimento dei budget quantitativi di vendita. Una maggiore diffusione della consulenza indipendente avrebbe l’effetto di eliminare queste distorsioni. Per definizione, infatti, non sono ammessi incentivi e il pagamento del servizio viene pagato dal cliente, indipendentemente dalla numerosità e dalla tipologia di prodotti finanziari oggetto di vendita.

È pacifico che la consulenza indipendente sia una modalità di espletamento del mandato di consulenza. Può svolgere consulenza su base indipendente anche un lavoratore subordinato che presta la sua attività lavorativa presso un intermediario finanziario. La direttiva Mifid II distingue gli operatori del settore non in funzione del rapporto di lavoro subordinato o autonomo, ma del modo in cui il cliente remunera la banca. Ciò permette all’investitore di percepire immediatamente il tipo di consulenza che sta ricevendo, se di tipo indipendente o no. Se tale offerta fosse effettivamente presente sul mercato, il problema del conflitto di interessi (che è alla base della disciplina di limitazione degli incentivi) sarebbe, se non risolto, sicuramente meno impattante. Occorre dunque trasformare profondamente il modello organizzativo e distributivo delle banche.

L’altro tema irrisolto nella complessa dinamica tra intermediari e clienti, consiste nelle modalità di redazione del questionario Mifid, che individua e certifica il “profilo” del cliente destinatario dei servizi di consulenza finanziaria e i conseguenti livelli di tutela. Attualmente, il questionario Mifid è un atto interprivato disomogeneo, predisposto autonomamente, e con ampi criteri di discrezionalità redazionale, da ciascun operatore bancario. Inoltre, lo stesso risparmiatore viene ‘profilato’ in maniera potenzialmente diversa da banca a banca, e questa diversità, che determina di per sé il range di offerta finanziaria disponibile e personalizzabile, diviene di per sé elemento di concorrenza impropria tra banche.

Occorrerebbe perciò neutralizzare queste distonie, che sono in parte regolamentari e in parte tecnologiche, uniformando le procedure, cioè introducendo un questionario Mifid unico per ciascun cliente, secondo un modello e un formulario unico, la cui redazione e variazione deve essere affidata all’Autorità di vigilanza competente. L’effettiva valorizzazione della consulenza finanziaria su base indipendente e il questionario unico Mifid sono al tempo stesso i presupposti e le soluzioni per una più sana concorrenza tra imprese fornitrici di servizi di consulenza finanziaria orientata alla effettiva tutela del risparmio.

Riccardo Colombani, segretario generale First Cisl