Il piano industriale di UniCredit porta molti organi di stampa a ragionare sulle che potranno essere le ricadute. Huffington Post analizza il contesto richiamando uno studio di First Cisl sugli utili delle cinque principali banche italiane. Eloquente il titolo dell’articolo firmato da Giuseppe Colombo: “Banchieri ricchi. Bancari a casa”.
“Il paradigma che sta alla base del nuovo piano di Unicredit – scrive Giuseppe Colombo – ha tutto tranne che le sembianze di una mosca bianca. È un altro tassello che si va ad aggiungere a quello che è un trend: i banchieri sono sempre più ricchi, i bancari vanno sempre più frequentemente a casa. I numeri, più di ogni altra considerazione, attestano il cambiamento di pelle”.
“Eccoli, in uno studio del sindacato bancario First Cisl, quelli delle prime cinque banche italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Mps e Ubi) nei primi nove mesi del 2019: in un anno gli utili netti sono schizzati a 8,7 miliardi, +38,5 per cento. I posti di lavoro andati in fumo sono stati 9.190, gli sportelli chiusi 1.013”.
“Unicredit – si legge ancora su Huffpost – è tra le big five e la strategia delineata dal ceo Jean Pierre Mustier da qui al 2023 altro non fa che rafforzare una direzione di marcia ben definita. Le grandi banche, insomma, si muovono in blocco, non hanno dubbi nell’indirizzare le proprie politiche verso un assottigliamento della cosiddetta forza lavoro. La digitalizzazione ha investito il settore e ha facilitato i manager in questa operazione, ma non è una questione legata solo alla possibilità di impiegare le macchine al posto dei dipendenti. Quella in atto è una mutazione cercata, voluta, che stravolge la piramide della ricchezza interna alle banche. La base viene sempre più ridotta per far sì che la punta, cioè i vertici, sia sempre più larga in termini non tanto di poltrone quanto di peso specifico delle poltrone stesse. Peso che si traduce in remunerazioni, soldi”.
Nel suo articolo Giuseppe Colombo, tornando ai numeri delle big five bancarie nazionali, evidenzia che l’Italia registrerà il maggior numero di esuberi UniCredit che sono destinati ad incrementare la platea dei bancari che hanno subito il taglio. “Le nuove uscite – scrive il giornalista – si andranno così a sommare alle oltre novemila che si sono già registrate da settembre dello scorso anno a quello del 2019. Il calo degli occupati e degli sportelli è stato imponente: mille filiali in meno rispetto (- 6,6%) e dipendenti ridotti del 3,6 per cento. I dipendenti delle cinque banche erano 256.723, ora sono 247.533. Gli sportelli sono passati da 15.307 a 14.294. Questa dinamica, che accomuna i big player, apre quantomeno un problema strutturale e cioè il ridimensionamento della forza contrattuale in capo alla politica e ai sindacati”.
“Le trattative sugli esuberi messi in campo nel 2019 – si legge ancora su Huffpost – hanno dato prova di quanto sia difficile intervenire su una dinamica così strutturata e che coinvolge un mercato largo, non restringibile nei confini nazionali. E questo ragionamento vale per le banche come per i colossi industriali”.
Amara la conclusione del servizio di Giuseppe Colombo che elenca le varie crisi aziendali – UniCredit l’ultima – per il quale “la politica si rivela distratta di fronte a una prospettiva drammatica, all’ennesima emorragia di posti di lavoro, a un sistema produttivo che si sta impoverendo. E a dinamiche che richiedono inevitabilmente anche un nuovo paradigma nella politica”.