La Cassazione si pronuncia su disabilità e diritto all’assistenza

La Legge (art. 33, comma 5, L. 104/92.) prevede che il lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso

Il lavoratore di cui stiamo parlando, sempre ai sensi di legge, è il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste il coniuge, un parente o un affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. La persona da assistere non deve essere ricoverata a tempo pieno e deve esserle stato riconosciuto lo status di handicap in situazione di gravità (ex lege 104/92). Con un recente provvedimento (Ordinanza n. 6150/2019), la Corte di Cassazione ha affermato che il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, è applicabile non solo nella fase genetica del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede lavorativa, ma anche nel corso del rapporto di lavoro mediante domanda di trasferimento proposta dal lavoratore.

IL FATTO

Un lavoratore dipendente chiede il trasferimento ad una sede di lavoro più vicina al domicilio della sorella, in situazione di handicap grave, necessitante di assistenza. L’Azienda nega il trasferimento sostenendo che la scelta della sede di lavoro, in ipotesi di assistenza ad un familiare disabile, trova applicazione solo all’inizio del rapporto di lavoro quanto alla scelta della sede lavorativa e non anche nel corso del rapporto laddove la continuità dell’assistenza sia stata interrotta con l’assegnazione della sede lavorativa ed il lavoratore mirasse a ripristinarla attraverso domanda di trasferimento. Il lavoratore intraprende la via giudiziale per veder riconosciuto il suo diritto al trasferimento. La Corte di Cassazione, confermando la pronuncia della Corte di Appello, riconosce il diritto del dipendente ad essere trasferito alla sede di lavoro più vicina al domicilio della sorella.

IL PROVVEDIMENTO

Secondo la Cassazione, il diritto alla scelta, “ove possibile”, della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, riconosciuto al caregiver familiare, è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento. La norma che riconosce il diritto in questione, da un punto di vista letterale, sempre secondo la Cassazione, non contiene un espresso e specifico riferimento alla scelta iniziale della sede di lavoro. Risulta, quindi, applicabile anche alla scelta della sede di lavoro fatta dal dipendente, nel corso del rapporto, attraverso la domanda di trasferimento. La Cassazione ha inoltre rilevato che la formulazione letterale della norma non implica la preesistenza dell’assistenza in favore del familiare rispetto alla scelta della sede lavorativa (anche a seguito di trasferimento), in quanto al lavoratore è riconosciuto il diritto di “scegliere la sede di lavoro” più vicina al “domicilio della persona da assistere”, non necessariamente già assistita.

LA RATIO DELLA NORMA

La ratio della norma è quella di favorire l’assistenza al parente o affine con handicap, ed è irrilevante, a detto fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto di lavoro o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso.

IL RILIEVO COSTITUZIONALE

L’esigenza di tutelare la condizione della persona con handicap ha rilievo costituzionale e rientra nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell’assistenza nei confronti di parenti disabili e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap. L’assistenza del disabile ed il soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione sono fattori fondamentali di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica. Il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo quindi della assistenza e della socializzazione, va garantito anche al soggetto con handicap in situazione di gravità. L’agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede lavorativa affinché quest’ultima sia il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza, prevista dalla norma in questione, è uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap. Circoscrivere detta agevolazione al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro equivarrebbe a tagliare fuori dall’ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza, negando così tutela a diritti costituzionalmente garantiti. L’interpretazione dell’agevolazione in senso più ampio, ovvero diritto di scelta della sede lavorativa non solo nella fase genetica del rapporto di lavoro ma durante tutto il suo svolgimento, è la sola coerente con la funzione solidaristica della disciplina e con la garanzia dei beni fondamentali in gioco, tutelati dalla Costituzione nonché dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009 dall’Italia.

IL DIRITTO DEL LAVORATORE

La scelta della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, è un diritto del lavoratore. Trattasi di un diritto non incondizionato, come anche reso evidente dall’inciso “ove possibile”, che deve essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro. In tale bilanciamento, dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte. E’ a carico dell’Azienda (datrice del lavoro) allegare e comprovare le esigenze tecniche, organizzative e produttive ostative al trasferimento così come è onere della stessa provare l’impossibilità di assegnare il dipendente a sedi (più vicine al familiare da assistere) ove risultano posti disponibili per lo svolgimento delle sue mansioni.

 

Questo approfondimento a cura della Struttura Nazionale Donne e Politiche di Parità e di Genere della FIRST CISL Nazionale, redatto da Antonella Iachetti, è scaricabile qui in formato pdf