Maddalena Acquaviti, la questione femminile è solo culturale o anche economica

E se la questione femminile più che culturale fosse economica?

Una domanda certamente forte e provocatoria, che però vuole essere uno spunto per una riflessione più approfondita, infatti, quando si parla di parità di genere, si parla spesso di superamento della cultura patriarcale.

E se, invece, la questione fosse prevalentemente economica?

L’indipendenza economica, certo, non risolve tutto ma se le donne guadagnassero di più, guadagnassero abbastanza, guadagnassero almeno quanto gli uomini, anche altre questioni potrebbe essere affrontate più facilmente.

Molte donne lasciano il lavoro dopo la nascita di un figlio perché non riescono a conciliare la vita privata con il lavoro.

La ricetta è complessa, fatta di molti ingredienti, ma quelli che sentiamo citare più spesso sono: più permessi, più servizi quali asili nido, più congedi ai padri per condividere il lavoro di cura.

E se, invece, le donne guadagnassero abbastanza da poter scegliere e fossero nella condizione economica da potersi permettere un nido o un aiuto?

Avere più asili sarebbe certamente utile ma come si fa se, comunque, non si hanno soldi a sufficienza per pagarli? Infatti, è quello che accade nei paesi nordici dove, a supporto della maternità, c’è certamente un sistema di welfare-state ricco ma che nulla potrebbe senza sostegni economici adeguati.

La dipendenza economica, non realizzata come scelta familiare condivisa ma subita, è un forte limite all’emancipazione femminile. Spesso si parla di consapevolezza, di empowerment. Difficile da fare se si deve scegliere fra pagare un affitto e avere un figlio.

Il legame fra emancipazione e disponibilità economica è molto stretto, una specie di circolo vizioso: meno le donne riescono a rivendicare il ruolo, meno guadagnano. La strada della crescita professionale e, di conseguenza, economica, già di per sé irta e contorta, si complica, rendendo più difficile anche percorrere la strada dell’emancipazione.

La questione economica, che riguarda fette sempre più ampie della popolazione, soprattutto in una città cara come Milano (vedi indagine Cisl Milano Metropoli), ricade in modo più importante sulle fasce più fragili a cui le donne, da sempre penalizzate da stipendi più bassi come rivelano anche i dati ISTAT, appartengono.

Non esiste una ricetta semplice a problemi complessi e non intendo banalizzare una questione tanto importante e centrale come quella dell’emancipazione femminile riducendola a una mera questione economica. Tuttavia, ritengo limitato affrontarla solo ed esclusivamente sul, pur importantissimo e necessario, piano culturale come, invece, accade di solito. L’emancipazione femminile passa anche da stipendi adeguati.

Questo può essere realizzato se il tema resta centrale nell’agenda della contrattazione sindacale, innescando un sistema virtuoso i cui benefici ricadrebbero dall’emancipazione delle donne a quella di tutte le fasce più fragili di lavoratori come giovani e disabili.

 

Maddalena Acquaviti
Segreteria generale aggiunta First Cisl Milano Metropoli


Allegati: editoriale Maddalena Acquaviti “La questione femminile. Solo culturale o anche economica”