27 gennaio, Giorno della Memoria, per non dimenticare

Tra il dicembre del 1945 e il gennaio 1947 Primo Levi scrisse “Se questo è un uomo”, la sua opera d’esordio e probabilmente la più nota, in cui descrisse la sua prigionia e l’internamento nei campi di concentramento di Auschwitz e Monowitz.

Con la sua testimonianza ha consegnato alla storia e agli uomini la memoria dello sterminio nazista, memoria a cui nessuno può e deve sottrarsi.

Con la poesia “Shemà” (Ascolta) ci ha costretti a guardare l’abisso e l’orrore, a conoscere quello che non si può comprendere, ci ha costretti a ricordare per sempre quello che è stato perché non si ripeta, ci ha costretti, a noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case e che quell’orrore non l’abbiamo vissuto e quindi non riusciamo nemmeno ad immaginarlo, a tramandarlo perché nessuno debba viverlo di nuovo.

Noi abbiamo, quindi, il dovere di ricordare quello che è stato, ancora una volta, con le sue parole, lette migliaia di volte, ma ogni volta potenti e dolorose.

 Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa, 
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi