Durante le riunioni di consultazione intervenute fra azienda e RLS il 18 ottobre 2024 ed il 31/3/2025 è stata presentata ai RLS la posizione aziendale circa le cosiddette “Vulnerabilità soggettive”.
Consci della centralità dell’argomento, e dei suoi corposi riflessi sulla vita delle persone del gruppo, osserviamo quanto segue.
E’ senz’altro un fatto importante che il tema sia entrato con tutto il rilievo dovuto nella valutazione del rischio, però occorre rimarcare che il trattare le vulnerabilità soggettive affidando l’osservazione del fenomeno e delle sue conseguenze esclusivamente a partire dal momento in cui la condizione di disabilità sia già conclamata, e quindi sia possibile classificarla come “duratura”, ed iniziare solo da quel momento a valutare degli accomodamenti, pone le basi per lasciare non affrontato un grande problema, e così perseverare in quella che a nostro avviso è una insufficiente valutazione di un rischio importante.
Ad avviso degli scriventi, esiste uno stretto nesso fra condizioni stressorie sul posto di lavoro e tali generi di manifestazioni di disturbi mentali. Riteniamo quindi che occorra concentrare l’attenzione molto di più sul tema della prevenzione di tali tipi di disabilità.
Un intervento tempestivo, messo in atto da persone adeguatamente formate, potrebbe consentire adeguate azioni di mitigazione, dando piena attuazione al precetto secondo il quale occorre dispiegare ogni tutela affinché una condizione patologica non insorga o peggiori (anche) per causa di lavoro.
Ricollegandosi all’ultima indagine epidemiologica, che riportava i risultati delle visite mediche del solo personale all’epoca classificato come videoterminalista, è evidente che i dati come consumo di psicofarmaci, presenza di sintomi riconducibili a SLC, importanti disturbi del sonno, e lo stesso esito del questionario General Health Questionnaire – GHQ, non possono non fare accendere dei campanelli d’allarme, che a nostro avviso al momento non sono sufficientemente attenzionati.
Per esperienza diretta di tutti noi RLS, abbiamo infatti certezza che la salute psicologica dei dipendenti del Gruppo, così costantemente soggetti a tutta una serie di sollecitazioni, versa in uno stato molto più critico di quanto sia finora emerso dalle valutazioni aziendali.
Abbiamo contezza che buona parte delle persone del Gruppo che sperimentano sul luogo di lavoro dei disturbi psicologici abbia la tendenza a non mostrarli, per paura dello stigma e di conseguenze negative. Tale dato di fatto, oltre a compromettere l’affidabilità delle valutazioni statistiche, contribuisce all’aggravamento della situazione, che rimane così non affrontata in modo idoneo, con la possibilità di sfociare, in un numero crescente di situazioni, in non riconosciuti burn-out.
Abbiamo ascoltato le presentazioni della Dottoressa Gorra circa gli esiti del primo campione dell’indagine effettuata (su pochissime persone, per ora) tramite il questionario WHODAS 2.0, che pare essere uno strumento interessante. Tale indagine, per quanto assai poco significativa da un punto di vista statistico per i numeri bassissimi, ha generato un esito che non ci sorprende, ma che anzi ha dato conferma alle convinzioni più e più volte espresse dai RLS.
Più della metà delle persone che hanno risposto al questionario hanno in sostanza asserito che al lavoro si vive male da un punto di vista dell’equilibrio psicofisico: e sappiamo bene che si tratta di un dato reale, non di una distorsione statistica. Una parte rilevante delle persone non ha risposto al questionario, che ovviamente veniva erogato su base volontaria; tuttavia, la strada intrapresa è quella giusta e da rafforzare implementando elementi maggiormente virtuosi: è necessario che il datore di lavoro ponga rimedi efficaci, sin dal nascere delle difficoltà.
Riteniamo quindi che:
- sia stata una buona idea implementare la visita periodica di domande circa la salute psicofisica e che sia buona cosa allargare il numero delle persone in sorveglianza sanitaria;
- possano essere molto utili anche le visite sanitarie volontarie, senz’altro da implementare;
- sia una ottima idea l’utilizzo del questionario WHODAS 2.0 (ma da proporre all’intera popolazione del gruppo);
- sia necessario progettare ed erogare a chi gestisce i gruppi di persone una formazione costante su come relazionarsi positivamente coi propri sottoposti in modo da limitare il più possibile il rischio psicosociale, dando elementi di conoscenza che consentano di aumentare la capacità predittiva dei segnali di allarme, in modo da provvedere per tempo adeguando la relazione alla diversa sensibilità dell’individuo in difficoltà;
- sia utile provare a propiziare comportamenti virtuosi trovando modo di consentire ai proprio dipendenti collaboratori di fornire dei feedback anonimi, positivi o negativi, rispetto all’operato del proprio superiore ed al suo stile di leadership, in modo da favorire comportamenti che mai degenerino in atteggiamenti impositivi o autocratici.
Si ritiene che l’intero impianto della valutazione del rischio SLC e le strategie messe in atto dall’azienda siano al momento ancora poco capaci di generare risposte soddisfacenti sul versante della mitigazione del rischio, per cui si richiede senz’altro una maggiore focalizzazione sulla prevenzione.
Oltre a ridisegnare le strategie organizzative e commerciali del Gruppo, al fine di operare una virtuosa riduzione degli elementi stressori alla fonte, riteniamo altresì che al fine della prevenzione sia fondamentale e non rinviabile introdurre specifici moduli formativi verso tutti coloro che occupino posizioni di comando, per dare loro strumenti utili per riuscire a riconoscere per tempo quando si abbia a che fare con persone che abbiano imboccato la pericolosissima strada dell’esaurimento delle risorse mentali.
Si richiede di aggiungere la presente lettera alle osservazioni RLS a latere del DVR in corso di revisione.
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