“Tra risiko e desertificazione bancaria, quella battaglia sul risparmio che non crea valore per il Paese” è il titolo con cui il quotidiano Avvenire pubblica una approfondita analisi del Segretario generale nazionale First Cisl, Riccardo Colombani. Di seguito l’intervento integrale:
Il risparmio degli italiani è sempre più l’oggetto del desiderio delle banche e delle assicurazioni. Le ultime trimestrali dei principali gruppi bancari mostrano un trend inequivocabile: le commissioni crescono a ritmo sostenuto, di pari passo con l’aumento della raccolta gestita, mentre il credito ristagna. D’altra parte, le banche italiane sono leader da tanti anni, tra le banche dei principali Paesi europei, nel rapporto tra le commissioni nette e gli attivi di bilancio. Non è casuale, del resto, che il risiko bancario abbia preso avvio dall’Opa di Banco Bpm su Anima Sgr. Né che Generali abbia annunciato l’operazione con Natixis ben prima del rinnovo degli organi societari, seppur al momento sia congelata, visto il terremoto degli assetti proprietari.
Tutte le operazioni straordinarie hanno già creato vantaggi per gli azionisti e per i top manager grazie all’enorme crescita dei corsi azionari; sarebbe davvero una lieta sorpresa se creassero valore per famiglie e imprese clienti. È in questo contesto che si inserisce l’eventuale matrimonio tra Crédit Agricole e Banco Bpm, auspicato dal capo della multinazionale francese Olivier Gavalda in occasione della presentazione del piano d’impresa.
L’unificazione delle reti o la fusione tra Banco Bpm e Crédit Agricole Italia non produrrebbe valore per tutti i portatori d’interesse: le lavoratrici e i lavoratori dei due gruppi ne sarebbero penalizzati, così come le famiglie e le imprese clienti. La riduzione del numero delle persone occupate appare purtroppo una prospettiva più che realistica. Allo stesso modo, siamo contrari alla straordinaria mobilità territoriale e professionale che ne deriverebbe, indotta soprattutto dalla chiusura degli sportelli, anche nelle grandi città. Non è difficile infatti prevedere una nuova ondata di desertificazione, in parte per le prescrizioni imposte dall’Antitrust a garanzia della concorrenza, ma in parte probabilmente prevalente per la volontà di realizzare sinergie di costo. Solo alcuni esempi del peso congiunto delle due reti di sportelli ad oggi: a Milano 248 sportelli, il 24,3% del totale; a Parma 78, addirittura il 39%; a Piacenza 47, il 31,8%. Ed è naturale chiedersi se la sede rimarrebbe a Parma. O il baricentro si sposterebbe a Milano?
La scelta dell’investimento di lungo periodo del colosso francese in Banco Bpm è comprensibile, considerato il fortissimo radicamento di quest’ultima nelle aree più ricche del Paese, al quale si è associato di recente il proficuo controllo su Anima Sgr. D’altra parte il business del risparmio è storicamente presidiato da Crédit Agricole con Amundi, che è nella top ten mondiale dell’asset management. Riteniamo importante che Crédit Agricole riaffermi la sobrietà di un approccio strategico che da sempre si fonda sulla certezza di capitali pazienti e di obiettivi sfidanti, ma raggiungibili. Appare verosimile l’incremento del numero di clienti entro il termine del piano d’impresa, magari acquisendo sportelli in via di alienazione da parte di altre banche. Peraltro, l’obiettivo di cost income in Italia è già nella realtà dei fatti e non appare inverosimile un maggior peso dell’Italia al risultato complessivo.
L’analisi del Segretario generale nazionale First Cisl su Avvenire:


