Banche, le commissioni trainano i conti nel primo trimestre

Con il taglio dei tassi da parte della Bce i primi cinque gruppi puntano sul risparmio gestito per bilanciare la discesa degli interessi netti. Gli utili volano a + 12,2% mentre continua la contrazione del cost/income, nettamente inferiore alla media dei maggiori istituti europei. Sulla discesa dei costi incidono il calo dell’occupazione ed i tagli alla rete commerciale: oltre 4mila i lavoratori in meno, 514 le filiali chiuse. Colombani: “Il risparmio è l’oggetto del desiderio per le banche, ma non è il ‘bene della comunità’”

La corsa delle commissioni mette le ali ai bilanci dei primi cinque gruppi bancari italiani nel primo trimestre dell’anno. Il calo degli interessi netti (- 5,5%), conseguenza della discesa dei tassi Bce, è più che bilanciato, infatti, dalla crescita delle commissioni nette (+ 7,6%), che ammontano quasi al 40% del margine primario. Il risultato è un aumento del 12,2% degli utili netti rispetto ai livelli già elevati dello stesso periodo del 2024. A spingere le commissioni è l’incremento delle masse di risparmio gestito, cresciute di oltre il 10% in due anni. Si tratta di una tendenza ormai consolidata se si considera che, dal primo trimestre del 2023, le commissioni hanno registrato una crescita del 13,2%.

Restano in territorio positivo i proventi operativi, con un leggero incremento dell’1,9%, anche grazie al contributo degli altri ricavi, dovuto prevalentemente all’incremento di valore del portafoglio delle attività finanziarie. È quanto emerge dall’analisi della Fondazione Fiba di First Cisl sui conti di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper.

Costi ancora in discesa

I costi operativi scendono (- 0,5%) insieme a quelli per il personale (- 0,4%) anche a causa della riduzione dell’occupazione (oltre 4mila uscite) e del taglio di 514 filiali (- 4,4%).

Cala anche il cost/income (dal 39,8% al 38,8%) di pari passo con l’incidenza sempre più bassa dei costi del personale sui proventi operativi (dal 24,8% al 24,3%). Tutti i cinque gruppi registrano valori del cost/income largamente inferiori al valore stimato della media dei principali gruppi bancari europei (52,4%).

Qualità del credito elevata

Rispetto al 31 dicembre 2024 è positivo l’andamento della qualità del credito, con una riduzione degli stage 2, che passano da 9,6% a 9,3% del totale degli impieghi, mentre l’Npl ratio netto rimane stabile all’1,4%. Migliora anche il costo del rischio di credito che arriva a 20 punti base (dato annualizzato), contro i 22 del primo trimestre del 2024, mentre l’incidenza delle rettifiche crediti sui proventi operativi passa dal 3,7% al 3,2%.

Produttività sempre più alta

Ai risultati di quello che le banche definiscono “il miglior trimestre di sempre” ha dato senz’altro un contributo rilevante l’incremento della produttività, che si attesta su livelli record, come dimostrano gli indicatori delle commissioni nette per dipendente (+ 9,6%) e del risultato netto di gestione pro capite (+ 6,4%). Anche la patrimonializzazione è sostanzialmente stabile rispetto a fine 2024, con il Cet1 ratio al 14,94%.

Colombani: il risparmio è l’oggetto del desiderio per le banche, ma non è il ‘bene della comunità’

“Il risparmio rappresenta sempre più l’oggetto del desiderio delle banche – commenta il Segretario generale nazionale First Cisl Riccardo Colombani – Con la riduzione degli interessi netti dovuti ad una politica monetaria più accomodante, sono le commissioni ad incidere in misura sempre più significativa sui ricavi. Però, la ragione per la quale le banche si concentrano sempre più sulla gestione del risparmio non è dettata da una logica meramente compensativa. Ossia, non si tratta solo di sostituire una fonte di ricavo con un’altra. Infatti, con le attività di asset management e wealth management le banche ottimizzano l’allocazione di capitale con rischi minimi. Insomma, ricavi alti, rischi bassi e capitale disponibile per altre attività. La gestione del risparmio per le banche è quindi un vero e proprio toccasana per il conto economico. Inoltre, il maggior peso dei business legati al risparmio potrebbe determinare multipli di borsa più alti, simili alle banche specializzate, con conseguenti benefici, ancora una volta, per gli azionisti”.

“Il problema è che il risparmio – prosegue Colombani – esercita sempre meno la funzione primaria di finanziamento dell’economia reale perché, da una parte, finanzia direttamente i sistemi produttivi con importi irrilevanti, per lo strutturale problema rappresentato dal mercato italiano dei capitali molto piccolo e, dall’altra parte, li finanzia indirettamente in misura sempre più contenuta perché le grandi banche negli ultimi anni hanno ridotto costantemente il credito alle imprese non finanziarie. Lo stato dell’arte è quindi rappresentato da un aumento del risparmio gestito, che confluisce in misura rilevante nelle economie di Paesi con mercati finanziari più grandi ed efficienti, e da un rapporto impieghi/raccolta delle banche significant italiane ben più basso della media delle omologhe europee, e soprattutto delle banche tedesche e francesi. Pertanto, servono politiche pubbliche d’indirizzo e d’incentivazione per clienti e banche, affinché – conclude Colombani – il risparmio possa davvero essere quel ‘bene della comunità’ descritto dal Presidente della Repubblica il 31 ottobre 2024, in occasione della 100esima Giornata mondiale del risparmio”.

Qui l’analisi sui bilanci delle banche big 5 al 31 marzo 2025