Il credito al consumo in Italia: un’alternativa di finanziamento molto cara. L’analisi First Cisl sul Sole24Ore

Analisi della Fondazione Fiba di First Cisl:

Il credito al consumo in Italia: un’alternativa di finanziamento molto cara

Nell’ultimo anno, a fronte di una diminuzione dei prestiti alle famiglie consumatrici, il credito al consumo è cresciuto di quasi 9 miliardi. La Lombardia fa la parte del leone, la Sardegna fanalino di coda. Ma i tassi sono più alti che nel resto d’Europa. Colombani: “In discesa i prestiti alle famiglie, ma aumenta il credito al consumo. Per gli italiani i costi sono i più alti dell’Eurozona”

L’analisi condotta dalla Fondazione Fiba di First Cisl sugli ultimi dati di Bankitalia evidenzia che negli ultimi 12 mesi (30 settembre 2022 – 30 settembre 2023) il credito al consumo in Italia è passato da 149,7 a 158,5 miliardi (con una crescita di quasi 9 miliardi, pari al 5,9%) in un contesto in cui i prestiti alle famiglie consumatrici hanno fatto registrare una contrazione, seppur di lieve entità (da 593 a 592,6 miliardi, con una diminuzione dello 0,06%).

Vedasi tabelle 1.1 e 1.2 dell’allegato ‘Credito al consumo – Appendice statistica

L’analisi First Cisl su Il Sole 24 Ore

Tali dinamiche hanno trovato riscontro su tutto il territorio nazionale, anche se con diversa intensità, con le regioni del centro-nord che hanno registrato una crescita più marcata del credito al consumo e quelle del sud che hanno maggiormente ‘tenuto’ sul fronte dei prestiti alle famiglie.

In particolare, la Lombardia, che è la regione con i maggiori volumi di finanziamenti, è passata da 24,8 a 26,5 miliardi di credito al consumo (con un incremento di 1,7 miliardi pari al 6,8%) mentre, di contro, la Sardegna è passata da 4,6 a 4,8 miliardi (con una crescita del 4,3%).

Diversi i dati sui prestiti alle famiglie consumatrici, secondo i quali proprio la Sardegna è l’unica regione italiana ad aver fatto registrare una variazione positiva anche nell’ultimo trimestre (dello 0,23%), mentre, relativamente agli ultimi 12 mesi, tutte le regioni meridionali hanno registrato una variazione positiva (ad eccezione del Molise che è rimasto pressoché stazionario) al contrario di quelle settentrionali, in tutte le quali il volume dei prestiti alle famiglie consumatrici è diminuito.

Vedasi tabelle e grafici da 1.3 a 1.6 dell’allegato ‘Credito al consumo – Appendice statistica

Il fenomeno dello ‘spostamento’ degli italiani verso questa forma di indebitamento meno tradizionale in una misura più significativa che nel resto d’Europa (siamo arrivati ad un peso del credito al consumo sui prestiti in generale delle famiglie del 18% contro una media europea dell’11%) non sembra risentire del costo della stessa.

Vedasi tabella e grafici 2.6 dell’allegato ‘Credito al consumo – Appendice statistica

Le analisi sui tassi d’interesse effettuate sui dati Bce (disponibili con riferimento al 30 novembre 2023) dimostrano infatti come non solo il credito al consumo sia più caro delle altre forme di finanziamento più tradizionali (il tasso di interesse sulle nuove operazioni è dell’8,59% contro il 4,5% dei mutui e il 6,12% dei prestiti per altre operazioni), ma come i tassi siano più elevati di quelli dell’area dell’euro (il confronto è stato fatto anche con Francia e Germania).

Vedasi tabelle e grafici da 2.1 a 2.3 dell’allegato ‘Credito al consumo – Appendice statistica

Il maggior costo a carico dei consumatori italiani è ancora più accentuato se si tiene in considerazione il Taeg, che per il credito al consumo sulle nuove operazioni raggiunge il 10,27% (contro il 6,55% della Francia) con un aggravio rispetto al Tan dell’1,68% (in Francia tale differenziale è dello 0,25%).

Vedasi tabelle e grafici 2.4 e 2.5 dell’allegato ‘Credito al consumo – Appendice statistica

Il tema del costo eccessivo del Taeg e delle forti differenze a livello europeo introduce il tema della c.d. CCD II, la Direttiva 2035/2225 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 18 ottobre 2023, relativa proprio ai contratti di credito ai consumatori.

La nuova direttiva, oggetto di uno studio specifico della Fondazione Fiba di First Cisl riportato in allegato, le cui relative disposizioni saranno peraltro applicate negli Stati membri solo a partire dal 20 novembre 2026, persegue infatti il duplice obiettivo di accrescere ed estendere la tutela dei consumatori (con particolare riguardo al fenomeno del sovraindebitamento), disegnando allo stesso tempo un quadro normativo più avanzato che contribuisca alla creazione di un mercato del credito al consumo uniforme a livello europeo.

In particolare, viene introdotta una regolamentazione avanzata in merito al Taeg e alle misure atte a contenere i tassi di interesse e i costi connessi ai contratti di credito, e viene disciplinato il processo di cessione del contratto per garantire tutele uniformi ai consumatori all’interno della Ue e consentire un aumento del livello di operazioni transfrontaliere.

È chiaro che rispetto a questo scenario evolutivo è necessario che gli operatori nazionali si adeguino quanto prima ai livelli di servizio presenti in Europa, soprattutto con riguardo al livello dei tassi praticati ed alla loro trasparenza, pena il rischio che gli italiani si rivolgano in gran parte per le loro necessità di finanziamento ad operatori di altri Paesi europei, se non addirittura alle Big Tech internazionali.

Vedasi di seguito Direttiva 2023/2225 – CCD II: analisi e prospettive

Colombani: in discesa i prestiti alle famiglie, ma aumenta il credito al consumo. Per gli italiani i costi sono i più alti dell’eurozona

L’analisi First Cisl su Il Sole 24 Ore

“La crescita continua del credito al consumo pone dei problemi che la politica e la società non possono ignorare – sottolinea il segretario generale First Cisl Riccardo Colombani – Il maggior ricorso a questa forma di indebitamento, in misura superiore alla media europea, potrebbe dipendere dalla diminuzione della domanda di altre forme di finanziamento, ma anche dall’orientamento delle banche e delle società finanziarie a spingere la clientela verso il credito al consumo. È un’evidenza che emerge anche dai piani d’impresa di alcuni importanti gruppi bancari. Per questo First Cisl continua a segnalare l’urgenza di dare risposte”.

“La direttiva europea Consumer Credit, approvata a fine 2023, rappresenta un passo nella direzione giusta nel rafforzare i presidi di trasparenza a tutela del consumatore, ma le sue disposizioni non saranno operative presumibilmente prima della fine del 2026. È quindi opportuno che le autorità nazionali vigilino con grande attenzione sui rischi di sovraindebitamento. Rischi determinati – osserva Colombani – sia da un Taeg molto più elevato rispetto alla media dell’area euro, sia dalla diffusione di fenomeni come il ‘buy now, pay later’, la cui crescita rappresenta un campanello d’allarme soprattutto per le possibili conseguenze sulle fasce di popolazione a basso reddito”.

 

Direttiva 2023/2225 – CCD II: analisi e prospettive

Il 30 ottobre 2023 è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la nuova Consumer Credit Directive per adeguare la disciplina di un fenomeno che incide in misura sempre maggiore sul livello di indebitamento complessivo delle famiglie 

La crescente importanza del credito al consumo, evidenziata anche dalle recenti analisi condotte della Fondazione Fiba di First Cisl, è all’origine della recente Direttiva 2023/2225 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 18 ottobre 2023 (pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il successivo 30 ottobre).

Tale direttiva (c.d. CCD II), relativa proprio ai contratti di credito ai consumatori, abroga la precedente 2008/48 (CCD – Consumer Credit Directive) ritenuta oramai non più adeguata a disciplinare un fenomeno che incide in misura sempre maggiore sul livello di indebitamento complessivo delle famiglie.

Le ragioni e gli obiettivi della CCD II erano stati ben evidenziati in uno studio, redatto per la Commissione europea dalla ‘Direzione generale della giustizia e dei consumatori (DG JUST)’ nel maggio 2021, che individuava 5 problemi principali (ciascuno dei quali suddiviso in diversi sotto-problemi) nel settore del credito al consumo:

1 – Esistenza di alcune formule di credito al consumo o di soggetti ‘fornitori di credito’ che non rientravano nel campo di applicazione della CCD, con conseguente minor tutela di una parte dei consumatori (probabilmente i più vulnerabili e probabilmente in relazione a prodotti ad alto rischio, che generano rischi di interesse elevati o rischi elevati di indebitamento):

1.1) i prodotti di credito di rapido e facile accesso esplicitamente esclusi dalla CCD, come i prestiti a tasso zero, i contratti di leasing e i contratti di pegno non garantivano ai consumatori tutele allo stesso livello di altri prodotti;

1.2) l’ambiguità di alcuni concetti e disposizioni in materia di CCD in merito alla loro applicazione ai crediti non esplicitamente esclusi dalla CCD generava molta incertezza sul fatto che i consumatori fossero tutelati (ad esempio, il prestito peer-to-peer (P2PL) e l’applicazione delle definizioni di consumatore e creditore di cui all’articolo 3 della CCD).

2 – Insufficienza delle garanzie previste dalla CCD per garantire prestiti responsabili e quindi una limitata capacità di prevenire i rischi di sovraindebitamento, in particolare per la parte più vulnerabile della popolazione:

2.1) la direttiva non prevedeva obblighi specifici volti a garantire che il credito al consumo fosse concepito e commercializzato presso i consumatori nel loro migliore interesse. La concorrenza nel mercato del credito al consumo poteva quindi indurre alcuni fornitori di credito a incoraggiare i consumatori a indebitarsi offrendo sistemi di credito facili che di solito sono più rischiosi, come il credito ad alto costo, il rollover, il cross-selling o il credito non richiesto; vari Stati membri avevano regolamentato tali mercati, determinando una disparità nella protezione dei consumatori e nella segmentazione dei mercati nazionali;

2.2) alcuni fornitori di credito non effettuavano valutazioni adeguate del merito creditizio, nonostante gli obblighi previsti dalla CCD; ciò derivava dall’uso di termini vaghi nelle disposizioni della CCD (articolo 8, paragrafo 1), come ‘informazioni sufficienti’. C’era anche un certo livello di pratiche non conformi, rilevabili ad esempio con uno screening dei siti web che offrivano credito al consumo;

2.3) il mercato del credito al consumo stava sperimentando un uso crescente di strumenti automatizzati di credit scoring e di nuove fonti di dati non direttamente fornite dai consumatori. Tali pratiche presentano numerosi vantaggi, ad esempio in termini di quantità di dati utilizzati e di prevenzione degli errori, ma possono anche comportare alcuni rischi in relazione ai diritti dei consumatori in materia di protezione dei dati e di altri diritti fondamentali: la CCD non prendeva in considerazione tali rischi.

3 – Scarso impatto della pubblicità e delle informazioni precontrattuali ai consumatori per aiutarli a compiere scelte ragionevoli al momento della sottoscrizione di un prestito:

3.1) gli articoli 4 e 5 della CCD, che si riferivano alle informazioni da fornire nella fase pubblicitaria e contrattuale, si sono dimostrati efficaci nel fornire un livello più elevato di protezione dei consumatori, ma costituivano un sovraccarico di informazioni difficilmente fruibile, in particolare per alcune categorie di consumatori, a causa della complessità delle informazioni o della fornitura delle stesse tramite mezzi digitali;

3.2) sono state esaminate le pratiche di alcuni fornitori di credito che sfruttavano i pregiudizi comportamentali dei consumatori e aggiravano le norme, approfittando della vaghezza di alcune disposizioni della CCD.

4 – Insufficiente protezione dei consumatori considerati vulnerabili:

4.1) la CCD non prevedeva alcuno strumento per sostenere e proteggere i consumatori da sovraindebitamento; esistevano diversi livelli di protezione tra gli Stati, in quanto alcuni di essi adottavano misure specifiche;

4.2) mancanza di specifica protezione dei consumatori indebitati nei casi di crisi eccezionali e sistemiche a livello Ue.

5 – Disparità di condizioni per i fornitori di credito e bassi livelli di operazioni di credito transfrontaliere dirette, che mantengono i mercati del credito al consumo segmentati per Stati membri, riducendo le scelte per i consumatori e mantenendo i tassi di interesse più elevati in alcuni mercati:

5.1) le differenze tra gli Stati membri nel recepimento della CCD riguardavano principalmente il campo di applicazione della direttiva, gli obblighi di informazione in materia di pubblicità e di fase precontrattuale o gli obblighi di autenticazione web (CWA), che impediscono le transazioni transfrontaliere dirette sia dal punto di vista dei consumatori (che esitano a utilizzare sistemi apparentemente diversi), sia dal punto di vista degli istituti finanziari che devono adattare le loro offerte alle condizioni locali;

5.2) i livelli di credito transfrontaliero diretto nell’Ue rimangono bassi (circa lo 0,9%). Gli ostacoli individuati sono per lo più associati alla mancanza di consapevolezza, alla frammentazione giuridica, alle restrizioni geografiche, alle barriere linguistiche e culturali. Il mercato del credito è caratterizzato da un elevato livello di scambi commerciali e la liberalizzazione dei servizi finanziari ha portato a un’elevata concentrazione di banche nell’Ue. Tuttavia, poiché i mercati nazionali rimangono segmentati a causa delle disposizioni minime di armonizzazione contenute nella CCD, i consumatori non beneficiano della liberalizzazione, né dello sviluppo della tecnologia finanziaria e della digitalizzazione dei mercati.

La nuova direttiva affronta tutte le problematiche sopra evidenziate, perseguendo il duplice obiettivo di accrescere ed estendere la tutela dei consumatori (con particolare riguardo al fenomeno del sovra indebitamento), disegnando allo stesso tempo un quadro normativo più avanzato che contribuisca alla creazione di un mercato del credito al consumo uniforma a livello europeo.

In particolare:

  • vengono disciplinate le informazioni preliminari e il consenso da fornire prima della conclusione di un contratto di credito;
  • vengono introdotte linee guida per la valutazione del merito creditizio dei consumatori e si regola l’accesso delle istituzioni finanziarie alle banche dati creditizie, con l’obiettivo di ridurre il rischio di sovraindebitamento;
  • viene trattato il tema delle modifiche contrattuali e dei tassi debitori per consentire ai consumatori di essere adeguatamente informati rispetto ai possibili rischi finanziari inaspettati (e quindi incorrere nel rischio di insostenibilità dell’indebitamento);
  • vengono regolamentati la concessione di scoperto e lo sconfinamento, anche in questo caso con l’obiettivo di mitigare il rischio di indebitamento eccessivo;
  • vengono disciplinati anche il recesso, lo scioglimento e il rimborso anticipato per garantire che i consumatori siano pienamente informati su tutti i possibili costi e gli oneri associati al contratto;
  • viene introdotta una regolamentazione avanzata in merito al Taeg e alle misure atte a contenere i tassi di interesse e i costi connessi ai contratti di credito;
  • vengono definiti requisiti per il comportamento degli operatori finanziari e le competenze del personale coinvolto nella concessione di crediti ai consumatori;
  • viene disciplinato il processo di cessione del contratto per garantire tutele uniformi ai consumatori all’interno della Ue e consentire un aumento del livello di operazioni transfrontaliere.

Un capitolo a parte merita il fenomeno del cosiddetto Buy now, pay later (BNPL), una forma di finanziamento a breve termine di importo contenuto che ha avuto nell’ultimo periodo una crescita repentina, ma che era di fatto escluso dalla regolamentazione della CCD con possibili rischi in capo ai consumatori: ad essi non vengono infatti applicate le tutele previste dalle norme sul credito al consumo e sulla trasparenza bancaria, così come stigmatizzato dalla comunicazione della Banca d’Italia in materia del 28 ottobre 2022.

La CCD II è intervenuta in maniera decisa sul BNPL, ponendo le basi dell’inquadramento normativo di questa tipologia di finanziamenti a livello europeo, attraverso l’estensione al BNPL dell’ambito di applicazione oggettivo delle norme della direttiva.

Ai fini delle analisi sul mercato del credito al consumo, è però rilevante il fatto che il termine per il recepimento nazionale della CCD II è stato fissato al 20 novembre 2025 e che le relative disposizioni saranno applicate negli Stati membri a partire dal 20 novembre 2026. Ciò significa che, per garantire continuità alla regolamentazione, sino a quella data, quindi sostanzialmente per i prossimi 2/3 anni, il mercato del credito al consumo continuerà ad essere regolato dalle disposizioni vigenti della CCD eventualmente integrate da quelle specifiche dei singoli Stati membri.

Per questo motivo sono conseguentemente altresì rilevanti le osservazioni contenute nello studio della DG JUST, che evidenziano le criticità del mercato del credito al consumo che potranno essere potenzialmente presenti anche nei prossimi anni. Peraltro, è anche lecito attendersi che gli intermediari finanziari e creditizi che operano su questo mercato provvederanno per tempo nel processo di adeguamento, anche perché questo potrà diventare un fattore di vantaggio competitivo; ciò vale in particolare con riferimento agli intermediari che operano nel settore del BNPL (anche se nello specifico occorrerà attendere che il quadro normativo si completi tra l’altro con la legge nazionale di recepimento della direttiva).

 

L’analisi della Fondazione Fiba “Il credito al consumo in Italia: un’alternativa di finanziamento molto cara”

L’appendice statistica

L’analisi su Il Sole 24 Ore