“Le banche tagliano i prestiti in Italia, mentre negli altri Paesi europei aumentano”. Questo il titolo del servizio pubblicato da la Repubblica, firmato dal giornalista Andrea Greco che prende in analisi i dati First Cisl.
“Le banche italiane – scrive il quotidiano romano – stanno per chiudere un anno con utili record, ma ai loro clienti che chiedono credito mancano oltre 70 miliardi di euro, circa il 6% in meno rispetto a un anno fa. Si potrebbe dire che è un problema congiunturale, legato alla dinamica dei tassi (cresciuti di circa 400 punti base dal luglio 2022). Tuttavia, come emerge dalle statistiche della vigilanza di Francoforte, a metà 2023 l’Italia era l’unico grande Stato membro in cui gli impieghi bancari fossero in riduzione. I dati, rielaborati dal sindacato bancario First Cisl, li ha censiti la Bce sulle banche ‘significant’, quelle che vigila direttamente”.
La Repubblica evidenzia che “l’Italia presta meno del resto d’Europa. Già al 30 giugno per le 12 banche italiane del campione (…) si nota un calo degli impieghi del 3,7%, controtendenza rispetto al +1,3% medio nell’Ue, in linea con la crescita dei prestiti in Spagna e in Germania. In Francia, addirittura, si registra un incremento del 3,2%. E la situazione, almeno stando ai maggiori cinque gruppi Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper, padroni di quasi metà del mercato, non è migliorata tra luglio e settembre, quando gli impieghi del quintetto sono scesi a 1.143 miliardi di euro, in calo del 5,8%, e pari a 70,7 miliardi, rispetto al monte di settembre 2022. In compenso gli interessi netti sul totale crediti del campione sono saliti di 10 miliardi (+56,7%), a 27,5 miliardi”.
Andrea Greco scrive che “è difficile trovare una spiegazione univoca: la tendenza è in atto da almeno un anno (…) La risalita dei tassi, arrivati attorno al 5% per i mutui immobiliari e quasi al 10% per i prestiti alle imprese, è certo un disincentivo per i debitori: molti dei quali, in questi mesi, hanno utilizzato le disponibilità liquide accumulate durante la pandemia. Crif a inizio novembre, in un suo spaccato sul tema, confermava una “domanda che resta cauta per tutte le tipologie di imprese, che in questa fase, le imprese preferiscono attingere alle proprie riserve per affrontare le spese correnti, posticipando i piani di investimento di lungo periodo”.
A la Repubblica il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani fa notare che “l’analisi dei bilanci dei maggiori gruppi mostra un calo preoccupante degli impieghi. L’andamento dell’economia italiana è peraltro simile a quello delle principali economie europee: ciò rende ragionevole ipotizzare che non vi siano grandi differenze nella domanda di credito di famiglie e imprese. E’ necessario monitorare con attenzione l’evoluzione del credito per evitare rischi di ulteriore riduzione, più che mai pericolosi in una fase di rallentamento del ciclo”. “In effetti – rimarca il quotidiano – in tutta la zona euro la crescita del Pil è ormai “quasi zero”, e l’Italia in questo è allineata, con un nulla di fatto nel terzo trimestre e una stima di crescita del Pil 2023 che Bankitalia ha ritoccato allo 0,7% (…) Il rialzo dei tassi ha gonfiato i margini d’interesse, e così la redditività: i primi cinque gruppi italiani nel terzo trimestre hanno migliorato i proventi operativi del 21,8%, con utili netti saliti a 15,5 miliardi nei primi nove mesi (+78,6%). L’analisi dei cinque bilanci più grandi mostra anche il miglioramento della qualità del credito”.
Qui l’analisi condotta dal Comitato scientifico della Fondazione Fiba con le tabelle esplicative