Dati First Cisl su ItaliaOggi. Colombani: la desertificazione bancaria non è causata dalla digitalizzazione

Prosegue l’interesse sul tema della desertificazione bancaria rilanciato dallo studio “Banche 1993-2023: un cammino lungo 30 anni tra territorio, economia e società” elaborato per First Cisl dalla Fondazione Fiba. Ad occuparsi della riorganizzazione sul territorio delle banche italiane è ItaliaOggi che pubblica un articolo di Roxy Tomasicchio dal titolo “Banche in fuga (ma non è colpa della digitalizzazione)”.

Per il quotidiano finanziario la digitalizzazione bancaria in Italia non decolla. Rapportata ad altri paesi europei si segnalano “gravi ritardi nella diffusione dell’internet banking, soprattutto nella popolazione più matura”. Eppure, “rispetto agli oltre mille (1.037) istituti di credito presenti in Italia nel 1993, ad oggi se ne contano 434. Non solo: il numero di sportelli ha raggiunto il picco nel 2008 (34.139) per poi iniziare una rapida discesa che non si è ancora arrestata (20.909 a fine 2022 e nella prima parte del 2023 ne sono stati chiusi altri 593)”.

“Questo l’allarme – si legge ancora su Italia Oggi – contenuto nello studio “Banche 1993 – 2023: un cammino lungo 30 anni tra territorio, economia e società”, realizzato dalla Fondazione Fiba e presentato nel corso del Consiglio generale di First Cisl. Stando ai dati, per numero di banche siamo in posizione migliore rispetto alla Francia (394), ma dietro a Polonia (573) e Austria (443). Ben distanziata c’è la Germania, dove hanno risposto all’appello 1.381 banche. Ma attenzione: se non tenessimo in conto le 184 banche di credito cooperativo affiliate alle due capogruppo del credito cooperativo, saremmo sotto all’Irlanda nella graduatoria dei Ventisette. Tutto ciò – rimarca la giornalista Roxy Tomasicchio – considerando che, invece, il sistema bancario italiano storicamente è stato molto “popoloso” e caratterizzato da una forte connotazione territoriale, per ragioni geopolitiche (morfologia del territorio e la storia politica) ed economico-sociali (una grande quantità di micro imprese familiari, artigiane e di imprese piccole e medie nel settore industriale e dei servizi). Basti pensare che, secondo i dati Eba (l’Autorità bancaria europea) riportati nello studio, nel 1998 l’Italia era il terzo paese europeo per numero di banche (dopo Germania e Francia)”.

L’articolo di ItaliaOggi

Nell’evidenziare che la soppressione degli sportelli ha radici lontane che rimontano agli anni ’90, nell’articolo viene rimarcato come “(…) dagli ultimi dati dell’Osservatorio sulla desertificazione bancaria di First Cisl risulta che a giugno 2023 in Italia ci sono circa 4,3 milioni di persone e 249 mila imprese che risiedono in comuni nei quali non è presente nessuna banca. Ma soprattutto risulta che altri 6 milioni di persone e 387 mila imprese risiedono in comuni con un solo sportello bancario. In percentuale, poi, si rilevano disparità elevate tra Nord e Sud: per le persone residenti in comuni senza sportelli si va dallo 0,78% dell’Emilia Romagna al 36,45% del Molise. Per quelle residenti in comuni con un solo sportello dal 2,67% della Toscana al 31,72% della Sardegna”.

La riorganizzazione ha avuto conseguenze “Da un punto di vista sociologico, negli ultimi anni, a cambiare è stata la composizione demografica della popolazione. Italiani con più di 65 anni (16%) e giovani sotto i 15 (15,1%) erano in equilibrio, oggi i primi (23,7%) hanno doppiato i secondi (12,8%). Questo invecchiamento della popolazione, unito al basso livello delle competenze digitali tra le classi di età più alte, giustifica il basso ricorso all’internet banking in Italia (48,3% della popolazione rispetto al 59,6% della media Ue). Tra gli over 65 si scende al 25,8%, contro la media Ue del 36,1%. Ma, come anticipato, non è la digitalizzazione a causare la desertificazione bancaria. Infatti, la regione col minore utilizzo dell’internet banking è la Calabria (26,8%), che è anche quella con il minore numero di sportelli ogni 100 mila abitanti (18). La regione più “digitale” è il Trentino Alto Adige, che è anche quella con il più alto numero di sportelli (65)”.

Italia Oggi si pone dunque un interrogativo: “(…) quali sono gli effetti della riduzione del numero di banche? Una maggior concentrazione del sistema (è la risposta ndr). La quota dei primi cinque gruppi italiani sul totale degli attivi supera ormai il 50%, contro il 46,4% della Francia e il 35% della Germania, essendo cresciuta di 24,9 punti dal 1999 al 2022. Un’evoluzione che è dovuta in larga parte al crollo del numero delle banche a matrice cooperativa. Le banche popolari erano 92 nel 1996, a fine 2022 erano appena 18. Nello stesso periodo le banche di credito cooperativo sono scese da 591 a 226”.

«La territorialità delle banche è fondamentale per gestire la transizione digitale, un obiettivo cruciale per il Paese che va però perseguito senza mettere a rischio l’inclusione sociale», “ha commentato il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani”, «non va dimenticato che la popolazione anziana utilizza poco i canali digitali e che in alcune aree del Paese l’impossibilità di accedere a un servizio essenziale rappresenta un pericolo concreto di esclusione. La centralità delle banche per la vita delle comunità è stata voluta dal governo durante la pandemia, quando hanno continuato ad assistere la clientela tenendo aperte le loro filiali ed erogando credito assistito dalle garanzie statali. La concentrazione del sistema cui abbiamo assistito soprattutto dopo la crisi di Lehman Brothers», “ha concluso Colombani”, «era mirata, da parte delle autorità europee, ad assicurare stabilità, ma ha avuto anche l’effetto di indebolire il legame tra le banche e i territori. Questo legame va invece rafforzato attraverso incentivi reputazionali ed economici. Al contrario, dobbiamo scongiurare i propositi di un’ulteriore concentrazione del sistema bancario, perché aggraverebbe i danni di un disagio sociale sin troppo evidente».


L’analisi sulle banche con le tabelle esplicative

L’Osservatorio sulla desertificazione bancaria

L’articolo di ItaliaOggi: