Banche, nel 2022 meno Btp in portafoglio. Bilanci più solidi con la discesa dei crediti deteriorati

I primi cinque gruppi italiani diminuiscono l’esposizione sui titoli di Stato e riducono Npl e Stage 2. Nel IV trimestre continua la corsa degli interessi netti che gonfiano gli utili. Colombani: “Le banche sono solide, è il momento di remunerare la produttività del lavoro e rimettere al centro il credito: basta tagli a filiali e occupazione”

Mentre il governo chiede agli italiani di aumentare gli acquisti di titoli di Stato, le banche sembrano prendere un’altra strada. Sui loro conti si fa infatti più “leggero” il peso dei Btp. È quanto evidenzia l’analisi condotta dalla Fondazione Fiba per First Cisl sui bilanci del 2022 dei primi cinque gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper).

Il totale del debito sovrano italiano diminuisce di oltre 14 miliardi rispetto al 2021 e aumenta la quota dei titoli di Stato contabilizzati al costo ammortizzato (dal 57,7% al 63,8%), che le banche intendono detenere fino alla scadenza. Ciò determina una minore esposizione all’andamento avverso dei mercati. Infatti nel caso di ulteriori rialzi dei rendimenti dei titoli di Stato a tasso fisso, i riflessi sui conti economici e sul patrimonio, dovuti alla correlata riduzione dei prezzi, si prospettano limitati.

Ricavi in crescita, boom degli interessi netti

Il 2022 si è chiuso con ricavi in crescita (+ 8,3%) grazie alla forte accelerazione degli interessi netti (+ 18,9%). Gli utili sono aumentati del 26,3%. Il margine primario per dipendente supera i 200mila euro e segna un incremento di oltre il 10%, in forte crescita in ognuno dei gruppi considerati, in un contesto in cui i mercati finanziari hanno determinato una riduzione delle commissioni nette (- 2,2%). Emerge quindi che i maggiori ricavi sono stati realizzati quasi integralmente attraverso la gestione dei rapporti con la clientela.

Npl e Stage 2 ancora in discesa

Continua a ridursi l’incidenza dei crediti deteriorati netti. Il dato aggregato passa dal 2% all’1,5%, con un costo del rischio in decisa diminuzione (da 54 a 37 punti base), escludendo le svalutazioni sulle esposizioni verso Russia e Ucraina. Significativo anche il miglioramento sul versante degli Stage 2, i crediti in bonis per cui è stato considerato un peggioramento delle condizioni di rischio: il loro peso sul totale dei crediti alla clientela a bilancio si riduce al 13,6%, in diminuzione del 3%. Si registra anche una diminuzione del tasso di deterioramento (default rate).

Costo del personale ancora in calo

Il cost/income scende dal 55,4% al 51,5%, conseguenza della discesa del rapporto tra costo del personale e proventi operativi (dal 34,5% al 31,8%). Nei primi cinque gruppi italiani il dato del cost/income si attesta ormai ad un livello nettamente inferiore rispetto a quello registrato dai maggiori gruppi europei (58,3%). Ciò nonostante nel 2022 sono proseguiti i tagli all’occupazione, in buona parte ascrivibili alle uscite di Mps, ed agli sportelli (- 4,5%).

Banche solide, ora salari più alti attraverso la partecipazione

“La riduzione dell’ammontare dei titoli di Stato nei bilanci dei maggiori gruppi bancari italiani è un fenomeno che va monitorato attentamente per i suoi riflessi sulla solidità del settore, ma anche per il suo rilievo quanto agli indirizzi di politica economica. Il miglioramento di tutti gli indicatori di rischio dei portafogli crediti rafforza la nostra convinzione che anche in futuro la posizione delle banche italiane resterà solida, come peraltro certificato da ultimo dall’esito dell’analisi Srep condotta dalla Vigilanza della Bce – commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – L’aumento dei tassi ha fatto esplodere il margine d’interesse e gonfiato gli utili: un trend che probabilmente si rafforzerà nel 2023. La risalita dei tassi conferisce inoltre nuova centralità all’intermediazione creditizia e ad un modello di business incentrato sul valore del lavoro. Anche per questo è necessario aprire la stagione della partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Una partecipazione che, per essere autentica, deve realizzarsi attraverso i sindacati, per elevare il lavoro alla stessa condizione del capitale, senza che vi sia una scala gerarchica tra gli stakeholder. Dai risultati – conclude Colombani – emerge che il maggiore valore è stato creato dal lavoro, per questo ai buyback ed ai dividendi deve affiancarsi l’incremento del salario contrattato collettivamente”.

 

In allegato il comunicato con le tabelle esplicative