Wob, la svolta etica delle multinazionali Usa

Nei giorni scorsi il giornalista Luca Pagni, su la Repubblica, ha segnalato come 200 tra le più grandi multinazionali americane (da Jp Morgan ad Amazon, da BlackRock a General Motors) abbiano pubblicato un documento che sconfessa il mantra “primo obiettivo di un’azienda è creare valore per gli azionisti”, che da anni guida le politiche societarie, affermando: “Per creare valore bisogna guardare anche all’impatto ecologico, al rispetto dei clienti e alle condizioni dignitose offerte ai dipendenti”.

Ma perché il “cuore” del capitalismo finanziario mondiale mette improvvisamente in dubbio la regola aurea che per decenni ha dominato l’economia liberale? L’economista Andrea Goldstein, attraverso le pagine de Il Sole 24 ORE, invita allo scetticismo: dietro a tale dichiarazione si celerebbero lotte politiche e forse un diversivo retorico per rinviare riforme del fisco.

Anche l’economista Marcello Esposito, su Vita.it, con il titolo “Il problema non sono gli azionisti ma il management”, bolla come un’operazione di marketing il documento delle 200 multinazionali e afferma: “al fondo c’è un errore: il vero scandalo è la retribuzione degli amministratori”.

Da tempo First Cisl, attraverso il manifesto Adesso Banca!, propone una riforma socialmente utile del sistema bancario, in coerenza con gli articoli 41 e 47 della Costituzione. In particolare, nell’obiettivo 5, propone una retribuzione responsabile dei top manager attraverso un tetto massimo, l’abolizione dei bonus d’entrata e d’uscita, il vincolo al raggiungimento di obiettivi di interesse sociale, la partecipazione dei lavoratori attraverso le rappresentanze sindacali alla verifica delle politiche di remunerazione dei top manager, oltre all’obbligo di sottoporne la ratifica all’assemblea dei soci.