Wob, solidità e produttività, le banche italiane migliorano

All’inizio della settimana scorsa il Corriere della Sera titolava come le prime otto banche italiane abbiano chiuso il 2018 con un utile netto complessivo superiore ai 9,2 miliardi di euro: 7,9 sono stati realizzati dalle due banche maggiori, UniCredit e Intesa Sanpaolo, gli altri 1,3 miliardi da altre cinque principali banche del panorama italiano, tra cui UBI Banca e Credem Banca che segnano il miglior bilancio degli ultimi 10 anni, a cui si affianca il ritorno all’utile annuale del Monte dei Paschi di Siena. Per il giornalista Stefano Righi, che ne ripercorre brevemente alcuni dati salienti, il risultato confermerebbe la dinamicità del settore e la capacità di trovare soluzioni industriali a una crisi che per il credito ha radici che scavano in profondità negli ultimi dieci anni.

Alle buone notizie sugli utili complessivi fa eco la notizia del superamento degli esami europei sulla solidità patrimoniale da parte delle principali banche italiane: Money.it  annuncia il superamento dei requisiti del “processo annuale di revisione e valutazione prudenziale” SREP 2019, ovvero la soglia minima del Common Equity Tier 1 ratio (CET 1), il coefficiente patrimoniale indicato dalla Vigilanza della Bce e utilizzato per valutare la solidità della banca in esame. Il settimanale propone un approfondimento su questo ed altri parametri riferiti al capitale degli istituti. L’agenzia di stampa Reuters riporta il superamento dell’esame annuale attraverso una tabella riassuntiva dei requisiti patrimoniali minimi fissati dallo SREP 2019 per le principali banche italiane e i ratio patrimoniali al 31 dicembre scorso.

Sempre Reuters segnala che le banche italiane, complessivamente, avrebbero chiuso il 2018 con un significativo calo delle sofferenze (il 34% su base annua, per effetto di alcune cartolarizzazioni), scendendo sotto la soglia dei 100 miliardi per le lorde e dei 30 miliardi per quelle nette, toccando i minimi dal 2011.