In questa prima settimana dell’anno nei quotidiani troviamo sondaggi e previsioni che riguardano la sfera economico-finanziaria per il 2019, ma anche alcuni numeri certi, come l’annuale rapporto di Mediobanca sugli stipendi dei top manager italiani.
Sul Corriere il giornalista Sergio Bocconi, citando la regola aurea di Adriano Olivetti “Nessun dirigente deve guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario minimo”, snocciola i numeri dell’analisi di Mediobanca: nel 2017 i consiglieri delegati delle imprese quotate a Piazza Affari hanno percepito un compenso medio pari a 18,5 volte la busta paga dei loro dipendenti. C’è chi è arrivato a 38 volte, addirittura un caso record a quota 217. Spicca la notevole disparità di genere nei compensi dei manager: va oltre i 100mila euro il 34,9% degli uomini contro il 17,5% delle donne, oltre i 200mila il 24,3% contro il 4,8%.
Sempre sul Corriere Nando Pagnoncelli propone il sondaggio Ipsos sulle priorità per gli italiani: l’economia andrebbe male per 3 italiani su 4 e il 47% degli intervistati non intravvede segnali di ripresa. Illustrando i dati, il sondaggista riflette su come le opinioni dei cittadini, mescolate alle loro aspettative, vengano spesso influenzate da una percezione errata della realtà, portando ad atteggiamenti assai contraddittori nell’indicare le priorità per il Paese rispetto a quelle per la propria zona di residenza.
E le previsioni? Sul Sole 24 Ore Alessandro Graziani intervista il banchiere d’investimento Federico Imbert, il quale ritiene che nel 2019 il vero catalizzatore dei mercati saranno le elezioni europee di fine maggio e l’assetto che l’Europa avrà dopo il voto. Gli strategist starebbero predicando una nuova recessione, che avrebbe già fatto presa sul mercato, generando incertezza, attesa e voglia di mantenersi liquidi. Un Europa pro business potrebbe favorire le grandi fusioni per big data e fintech (tra cui i sistemi di pagamento). Per le banche italiane considera inevitabile una ripresa del processo di concentrazione che potrebbe coinvolgere tutti gli istituti più piccoli di UniCredit e Intesa Sanpaolo, condizione favorita anche dalla riduzione degli Npl.
Intervistato sempre da Graziani anche Corrado Passera è convinto che nel 2019 ci saranno fusioni fra banche di taglia media per la spinta fintech. L’ex ministro non crede che l’Italia si trovi di fronte a una nuova fase recessiva. Ad andare in crisi, semmai, potrebbe essere il modello tradizionale della banca universale conosciuto finora, minato dall’impatto delle nuove tecnologie digitali e dalla strutturale compressione dei margini, che porterebbero a inevitabili aggregazioni tra banche medie e piccole.