Raffreddamento tfr regala 200 milioni annui a banche pari 5.200 posti di lavoro

“Dal 2012 i lavoratori bancari hanno rinunciato a 1,5 miliardi di accantonamenti sul loro tfr per contribuire al risanamento del sistema: adesso basta, non c’è più ragione di calmierare il costo del lavoro, si torni ad accantonare tutto. Per dare il senso della dimensione di questo risparmio sul tfr, che oggi finisce solo per ingrassare i bilanci, basti pensare che gli stessi soldi equivalgono in banca al costo del lavoro annuale di 5.200 giovani”: lo afferma il segretario generale di First Cisl, Giulio Romani, sulla scorta dell’analisi effettuata dall’ufficio studi del sindacato, che ha valutato l’impatto della variazione della base di calcolo del trattamento di fine rapporto del personale bancario decisa con il rinnovo contrattuale del 2012 a fronte della crisi finanziaria allora in atto.

“Con il contratto del 2012 – spiega Riccardo Colombani, responsabile dell’ufficio studi First Cisl – il tfr dei lavoratori bancari ha incominciato a essere calcolato esclusivamente su tre voci tabellari, mentre sono rimaste escluse varie altre casistiche prima considerate. Fin qui, in media su ogni dipendente le banche hanno risparmiato circa 690 euro l’anno. In soldoni, vuol dire che nell’ultimo biennio il sistema bancario ha recuperato almeno 200 milioni di euro ogni anno, di cui 150 solo nei primi dieci gruppi bancari. Stimiamo per esempio che solo nel 2017 Intesa abbia avuto risparmi per circa 50 milioni annui, UniCredit 28, Banco Bpm e Mps una quindicina ciascuno, Ubi circa 13, Bnl attorno ai 9. Se simulassimo un’equivalenza teorica dei mancati accantonamenti con della nuova occupazione che andasse a coprire proporzionalmente i tagli subiti dai diversi territori nell’ultimo decennio, quelle somme equivarrebbero a circa 1.500 assunzioni nel Nord Ovest, 1.200 nel Nord Est, 1.400 nell’Italia Centrale e 1.100 nel Mezzogiorno”.

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