Nei giorni scorsi First Cisl ha reso nota un’indagine sulla differenza di genere nei livelli reddituali dei bancari italiani. Gli uomini guadagnano più delle donne, che sono maggiormente chiamate a ricorrere al part time per esigenze di conciliazione tra vita familiare e lavorativa.
Neanche a farlo apposta l’istituto di ricerca InTribe ha pubblicato i risultati di una propria indagine sul valore economico dei dati di manager uomini e donne. InTribe dichiara che il valore economico dei dati statici è diverso tra manager uomini e donne; nel caso di uomini il valore è 1 euro. Nel caso di donne il valore è 0,89 centesimi.
L’istituto milanese, specializzato in trend e sociali attraverso i big e gli smart data, ha quantificato anche il valore dei dati dinamici delle persone. Lo studio è stato effettuato grazie ai motori attuali ed all’intelligenza artificiale disponibile già in grado di catturare tutti i dati prodotti nella via quotidiana. Tutti questi dati finiscono per arricchire database giganteschi in grado di registrare, per ciascuno di noi, migliaia di dati nel web e nelle app. In pratica quando navighiamo, comunichiamo nei social e ci spostiamo produciamo informazioni.
I motori sono in grado anche di capire cosa pensiamo e che emozioni proviamo. Persino il nostro stato di salute finisce negli archivi di alcuni operatori che poi vendono i dati per farne business.
La stima di Intribe dice che ognuno di noi potenzialmente emette milioni di dati nell’arco della sua vita, per un valore di oltre 50.000 euro. Sbalorditivo.
Chi sono le grandi aziende interessate a questi dati? Provate ad indovinare. Si tratta dei colossi mondiali: Google, Facebook, Apple, Amazon e Alibaba.
Altri interessanti risultati dell’indagine di InTribe sono pubblicati su businesspeople.it in un articolo dal titolo “Tutta la nostra vita vale 50 mila euro in Big Data”.
E se trovassimo il modo di farci pagare dai giganti del web?