Quando esplose la crisi finanziaria che si sarebbe poi trasformata nella crisi economica nella quale ci stiamo ancora dibattendo, ci fu chi si illuse che le banche italiane potessero reagire meglio rispetto alle consorelle occidentali solo perché presentavano una diversa incidenza di esposizione tra finanza e credito. Come prova, si portava l’enunciato che gli attivi delle nostre banche fossero investiti per circa un terzo in finanza e il per il doppio in credito alle imprese ed alle famiglie, un rapporto che era simmetricamente rovesciato nelle banche americane ed europee. «Purtroppo – ha osservato Giulio Romani, segretario generale di First Cisl, nella sua relazione congressuale del giugno scorso – si trattava di un’illusione. Di un gioco di prestigio, in cui l’illusionista aveva convinto tutti dell’illusione creata. Le banche italiane, infatti, negli anni precedenti alla crisi, pur di raggiungere gli imponenti volumi richiesti da politiche di budget sempre più ambiziose e qualche volta contaminate da interessi non proprio trasparenti, si erano avventurate nell’erogazione di grandi finanziamenti ad attività speculative, mobiliari e immobiliari».
Il problema, però, è che “nel frattempo – sono ancora parole di Romani – tanti avevano creduto a quell’illusione e avevano affidato i propri risparmi al teatro delle carte magiche. In questo ragionamento è assolutamente rilevante sottolineare come il modello manageriale monocratico abbia consentito agli amministratori di operare in assoluta autonomia nell’erogazione dei grandi crediti”.
Stando agli atti processuali e alle altre testimonianze raccolte dalla giornalista Carlotta Scozzari nel suo recentissimo volume “Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova”, una perfetta esemplificazione di quanto accaduto in Italia in quegli anni è costituita dal caso della banca ligure, allora guidata da Giovanni Berneschi – che fu anche ai vertici dell’Abi, di cui assunse la vicepresidenza – ed oggi oggetto di un profondo e doloroso progetto di riorganizzazione, con pesanti ricadute sul fronte occupazionale. Quanto avvenuto in Carige ha prodotto enormi perdite patrimoniali, “con ingente danno – sottolinea l’autrice – per il gruppo bancario e, indirettamente, per i suoi dipendenti, clienti, azionisti e obbligazionisti”.
Nelle fitte 120 pagine del libro, Carlotta Scozzari traccia una documentatissima cronistoria dell’ascesa e della caduta di Berneschi, condannato in primo grado nel febbraio del 2017 a otto anni e due mesi nel processo per la maxi truffa ai danni del ramo assicurativo dell’istituto di credito. Una caduta che ha trascinato con sé il destino della banca. «Quale strada seguirà Carige – annota la giornalista – si deciderà nel 2017, con il nuovo aumento di capitale chiesto dall’Europa alla banca, che dunque si trova, per la terza volta nel giro di appena quattro anni, a dovere battere cassa e a chiedere denaro agli azionisti. Per questo motivo era importante raccontare questa storia adesso”.
Sullo sfondo, una serie di operazioni immobiliari che, secondo l’accusa, celavano in realtà un salasso per il gruppo bancario, anche nel suo ruolo di finanziatore. Quelli passati sotto la lente dei giudici genovesi erano finanziamenti per i quali “la Banca d’Italia rilevò preoccupanti anomalie nella gestione dei crediti”, e che erano “caratterizzati da un’elevata propensione al rischio da parte della banca nella concessione del credito, da una scarsa attenzione nella gestione della posizione creditizia, dalla costante inadempienza e dal ritardo nel porre la posizione in sofferenza”. Ma, secondo la deposizione di un ispettore di Banca d’Italia rilasciata nel gennaio 2016, “queste posizioni erano state gestite direttamente dal presidente Berneschi e comunque dalla dirigenza, cioè dai soggetti che con lui solo direttamente si rapportavano”. Pare un esempio calzante di quanto denunciato, in linea più generale, da Romani: grandi crediti immobiliari, che celavano operazioni finanziarie, erogati e gestiti in autonomia da un vertice monocratico.
Ora tocca raccogliere i cocci. «È vero che Carige sta svolgendo i compiti che l’Europa le ha assegnato – scrive Carlotta Scozzari -, ma riesce difficile non sottolineare come la nuova operazione di risanamento della banca ligure presenti qualche difficoltà». Prima fra tutte quella che vendere partecipazioni e immobili “con il cappello in mano”, perché l’urgenza di completare un’operazione di risanamento al ritmo serrato dettato della Bce e per di più in un periodo difficile per il mercato immobiliare del capoluogo ligure può rendere la cessione più difficile che in condizioni “normali”. Il che potrebbe anche comportare ulteriori sacrifici per i lavoratori, per la clientela e per il territorio.
Il libro di Carlotta Scozzari (edizioni goWare) costituisce dunque, anche per la minuziosità dell’analisi, una lettura significativa per chi voglia comprendere la genesi della crisi bancaria italiana. Ligure e milanese di adozione, l’autrice scrive di economia e di finanza, spesso di banche, per Business Insider Italia. È proprio su tale testata on line che ha preso in esame anche i contenuti del nuovo piano industriale di Carige. Scrivendo così: «Il taglio più doloroso è quello previsto per la forza lavoro, che dovrebbe scendere di circa 1.000 lavoratori, corrispondenti al 20% di quelli attuali complessivi. “Siamo fiduciosi per il rilancio ad alcune condizioni, anche dolorose”, ha commentato Fiorentino riferendosi al personale. I sindacati fanno notare che, in questo modo, gli esuberi sono in aumento rispetto a quelli già preventivati, che prevedevano 500 lavoratori. “Siamo stupefatti – commenta Giulio Romani, segretario generale di First Cisl – che, nell’individuare quale elemento fondamentale di rilancio della banca la presenza di una base di clienti resiliente e fedele, ci si accanisca contro i lavoratori, ossia coloro che hanno permesso che questa fedeltà si mantenesse, rimediando ai danni reputazionali provocati dalle cattive gestioni dei vertici”.» Quegli stessi danni i cui risvolti sono ampiamente documentati nel volume “Banche in sofferenza. La vera storia della Carige di Genova”.