“Crediamo sia un modo efficace di procedere quello che trova nella selezione corretta degli strumenti di cui la lingua già dispone la giusta prospettiva di un linguaggio, sostanziale e non formale, di genere: se sostituiamo, in questa ottica, il termine ‘uomo’ con il termine ‘persona’, invece che ‘i diritti dell’uomo’ avremo i ‘diritti alla persona’, espressione ben più efficace e inclusiva”: è una delle riflessioni contenute nella sedicesima tesi congressuale di First Cisl, dedicata al linguaggio di genere, che ha come titolo un interrogativo: “Che ‘genere’ di lingua parliamo?“
“Il dibattito sul linguaggio di genere – si legge nella tesi – rischia, nell’opinione pubblica, di essere ridotto ad espressioni bizzarre, mediamente identificate con ‘suona male’, che sottolineano la discriminazione di genere invece che appianarla. Oggi crediamo che parlare di linguaggio non sessista implichi un’operazione più profonda che non si disperda in aspetti puramente formali, ma provveda a ‘decostruire il pensiero unico’ (Dominici) che rappresenta la realtà sociale in ottica prettamente maschile; e per introdurre nella narrazione del mondo sociale un’ottica femminile è necessario dare maggior voce alle donne, cambiando, ad esempio, il loro ruolo sui media”.