“Che le autorità europee sostenessero che gli aiuti di Stato servano a rilanciare gli istituti in crisi e che non possano essere usati per coprire le perdite previste o prevedibili, lo si sapeva da tempo. È la nostra pazienza che è stata messa a dura prova da due anni. Due anni in cui abbiamo atteso tre piani industriali, la trasformazione in spa, l’aumento di capitale non riuscito, l’azione di responsabilità verso i veri autori del disastro, un cambio di passo mai arrivato da parte del management che si è velocemente succeduto: tre presidenti in due anni, tre amministratori delegati, tutti passati all’incasso di pesanti liquidazioni e altrettanto pesanti stipendi”: sono parole di Sara Barberotti, della segreteria nazionale di First Cisl, in una lunga intervista pubblicata dalla testata on line Vvox in un articolo di Marco Milioni titolato “Popolari venete, il piano Cisl: «bad bank per i deteriorati»”.
“Ma in concreto – si legge nell’articolo -, come difendere i posti di lavoro, compito primo del sindacato? «Creando un contenitore finanziario» nel quale trasferire «ad un prezzo di carico del 40% rispetto al valore iniziale i crediti deteriorati». Questa manovra, sostiene il sindacato, libererebbe BpVi e Vb di una zavorra pesante «accontentando quindi la Bce». Detto in altri termini l’idea è quella di dare vita ad una bad bank sulla quale scaricare una parte delle sofferenze. Barberotti parla nello specifico per BpVi perché sua è la delega per l’istituto di via Framarin. Però lo schema non è molto dissimile da quello che si potrebbe applicare a Veneto Banca. «Tale contenitore – spiega – sarebbe finanziato da imprese del territorio, da istituzioni locali, da privati. E soprattutto da fondazioni bancarie, le quali hanno ingenti patrimoni e che per statuto devono e ripeto devono, utilizzare tali risorse per lo sviluppo del territorio». Resta da capire dove starebbe la convenienza. «Schematizzando, con 40 euro gli acquirenti acquisterebbero oggi del credito che, gestito pazientemente, domani potrebbe rendere 90. Di questi tempi vorrei conoscere quali attività possano avere tali ritorni sul capitale investito»”.
“I dipendenti – sottolinea Sara Barberotti in un altro passaggio dell’intervista – non hanno responsabilità. Mi si sa spiegare perché se la vigilanza, il cda, l’esperto preposto a confermare la congruità del valore delle azioni a 62 euro hanno stabilito che il prezzo era corretto e che quelle erano azioni vendibili a clientela comune, cioè famiglie e anziani, i dipendenti avrebbero dovuto dubitarne? Non c’era un motivo per dubitarne e infatti non ne dubitavano: prova ne sia che gli stessi dipendenti e i loro familiari sono, in larga misura, azionisti della banca”.