Primo Maggio in piazza. Cgil, Cisl e Uil unite per il lavoro sicuro in Puglia e in tutta Italia

Un Primo Maggio di festa in Puglia, ma anche di rabbia e riflessione. Numerose le iniziative che, in tutta la regione, hanno visto protagoniste le organizzazioni sindacali confederali Cgil, Cisl e Uil, unite in una giornata che celebra il lavoro ma che, al tempo stesso, ne denuncia le troppe contraddizioni.
Il filo conduttore di quest’anno è racchiuso nello slogan “Uniti per il Lavoro Sicuro”, scelto per riaffermare il valore e la dignità di un’attività umana fondamentale, riconosciuta dall’articolo 1 della nostra Costituzione come pilastro della Repubblica.

Ma oggi, quando il lavoro si riesce a trovare — in un Paese dove la disoccupazione resta una ferita aperta — troppo spesso è precario, sottopagato, privo di tutele e di sicurezza. Per questo il Primo Maggio in Puglia non è stata solo una giornata di festa, ma anche un’occasione per alzare la voce, rivendicare diritti, costruire consapevolezza.

Sono ancora troppe infatti le disgrazie che quotidianamente colpiscono tutti i settori, in una triste classifica che vede, ad esempio, la Città Metropolitana di Bari, secondo la Cisl, al 79simo posto in Italia per qualità della sicurezza sui posti di lavoro, con le categorie più colpite rappresentate dai lavoratori socialmente più deboli e meno difesi: quelli maturi over 65, gli stranieri, le donne.

“E’ una cultura della sicurezza quella che invochiamo” avverte il Segretario della Cisl di Bari, Giuseppe Boccuzzi, dalla piazza del capoluogo pugliese, “da insegnare ai ragazzi nelle scuole di questo Paese. Perché non è più possibile assistere, nel silenzio delle istituzioni, a lavoratrici e a lavoratori che al mattino presto salutano il coniuge e i figli per andare a lavorare, a guadagnarsi il pane con fatica, e la sera non tornano più a casa.”

Un lavoro che in Italia, e anche in Puglia, nel 2025 non riesce più, purtroppo, a garantire il superamento della soglia di povertà e di sopravvivenza. Effetto diretto del costante calo del potere d’acquisto delle famiglie, che svuota di significato la promessa di un’occupazione dignitosa.
Una denuncia rilanciata con forza anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto alla vigilia del Primo Maggio alle celebrazioni per i 75 anni della nascita della CISL. Le sue parole hanno trovato ampio riscontro e condivisione nei tanti interventi sindacali che si sono susseguiti sui palchi di tutta Italia, a testimonianza di un malessere diffuso e profondo che non può più essere ignorato.

E un salario medio, quello destinato alle donne lavoratrici pugliesi (ancora troppo troppo poche, visto che il tasso di occupazione femminile sfiora appena il 46%, ben al di sotto della media nazionale del 62,9% – dati Cisl), che in molti casi non raggiunge i livelli minimi sufficienti a garantire una vita dignitosa, soprattutto a quelle donne sole, giovani e magari con figli piccoli, che si trovano oggi spinte ai margini della società e del mondo del lavoro dai meccanismi di un mercato sempre più competitivo ed escludente, senza diritti e senza tutele.

“E l’effetto perverso di questa maggiore precarietà, di questa diminuita qualità e quantità del lavoro” insistono Boccuzzi e con lui i tanti rappresentanti Cgil, Cisl e Uil dalle piazze unitarie pugliesi, “è che pur di lavorare tanti nostri concittadini e tante nostre concittadine accettano salari da fame e spesso si espongono, consapevolmente e senza denunciare, a rischi evidenti per la propria sicurezza e la propria salute.

E’ nostro dovere unitario la difesa in prima linea della dignità e della vita di queste lavoratrici e di questi lavoratori, i più deboli della società di oggi, gli ultimi e gli esclusi da un mondo del lavoro che non guarda più in faccia a nessuno e che le istituzioni e le imprese di questo Paese e di questa regione non riescono ad aiutare o non vogliono considerare quale risorsa di benessere e di crescita economica, ma solo come capitale umano da sfruttare”.

In questo Primo Maggio, da Bari e dalle piazze della Puglia si leva quindi un appello forte e unitario: serve un nuovo patto sociale che rimetta al centro la persona, la sicurezza e la dignità del lavoro, per costruire un futuro che non lasci indietro nessuno.