#20 Il ruolo della vigilanza tra tutela dei consumatori e rilancio del lavoro

Le authority, preposte alla garanzia di corretti rapporti tra imprese, tra imprese e cittadini-consumatori e tra Stato e cittadini, sono un tassello fondamentale per il funzionamento della democrazia, soprattutto in uno scenario globale nel quale il modello economico neo-liberista nel suo percorso di affermazione, dopo aver penalizzato il lavoro a favore del capitale finanziario, ha indirizzato anche lo stesso concetto di tutela dei consumatori verso l’obiettivo di una crescita del volume di acquisto.

Le istanze dei consumatori hanno così avuto un’apparente crescita di attenzione, con offerta di prodotti sempre più ampia e sempre più low cost, ma le vie percorse per raggiungere questo risultato hanno finito in realtà con gravare proprio sui consumatori da un duplice punto di vista, ossia nella loro veste di lavoratori e contemporaneamente di appartenenti ad ambiti famigliari.

Le authority preposte alla verifica dei corretti comportamenti commerciali e industriali, nei vari settori hanno dunque conosciuto una stagione di “super-lavoro” essendo chiamate continuamente, secondo la loro competenza, a dirimere questioni già sorte o a prevenire comportamenti distorti sempre più fisiologici ad un sistema in cui le patologie risiedono nei paradigmi fondativi, prima ancora che nelle distorsioni occasionali.

In un tale contesto la tutela dei lavoratori che operano all’interno delle singole autorità è diventata quanto mai complessa, perché la condizione data presuppone da una parte l’aumento delle loro competenze e della loro professionalità e dall’altra una grande trasparenza, soprattutto per quanto riguarda il sistema delle carriere, onde garantire l’efficienza e l’autonomia dell’authority.

Il presupposto di cui sopra mal si presta, però, ad una situazione in cui la politica è vieppiù invasiva e utilizza il potere di nomina dei vertici per cercare di orientare l’azione successiva.

Le ragioni di tante lacune nei controlli di alcuni comportamenti che, soprattutto, ma non solo, nel mondo bancario e finanziario, hanno generato scandalo e sconcerto stanno probabilmente in questa dicotomia fra una politica spesso orientata ad assecondare modelli speculativi e predatori e dirigenti che, incaricati da quella stessa politica, dovrebbero vigilare affinché depredazioni e speculazioni non si avverino.

Sono, dunque, comprensibili la tensione e l’attenzione con cui FIRST CISL sta da anni presidiando proprio il versante della professionalità dei colleghi, contrastando, anche attraverso numerosi ricorsi legali, i tentativi di rendere sempre più discrezionali le carriere e di impoverire così l’autonomia di chi dovrebbe essere messo in condizione di svolgere il proprio ruolo con la libertà di poter essere “scomodo”.

Quanta tensione vi sia intorno al ruolo delle authority è ben dimostrato ad esempio dalla recente controversia sorta intorno al tentativo, poi smentito da parte del Governo, di ridurre i poteri dell’ANAC in materia di appalti, ma è di palese evidenza come le autorità di garanzia entrate, più di altre, nel mirino dell’opinione pubblica, con accuse di pesanti responsabilità quando non di connivenze, negli ultimi anni, siano quelle del mondo finanziario e bancario, ossia CONSOB e Banca d’Italia.

La posizione di FIRST CISL, pur critica nei confronti di alcune prese di posizione e di alcune decisioni assunte dai vertici delle due istituzioni, non è stata accecata dal bieco populismo che si scatena nella ricerca di un facile colpevole, allorquando la folla inferocita reclama una testa.

Mentre gli stessi partiti che avevano da sempre operato in piena concordia con alcune situazioni, poi generatrici di scandalo (pensiamo al Monte dei Paschi di Siena, con le sue note vicinanze politiche, o alle due popolari venete, non meno vicine del Monte alla politica locale), concorrevano con le associazioni dei consumatori nello scagliarsi contro Banca d’Italia e CONSOB, l’atteggiamento responsabilmente assunto da FIRST CISL è stato quello di proporre soluzioni diverse da quelle a cui si stava facendo ricorso per preservare gli interessi dei consumatori ed evitare, altresì, che le responsabilità ricadessero iniquamente sui lavoratori bancari e su quelli delle autorità, incolpevoli nella legittima esecuzione dei mandati ricevuti.

Così è stato con la proposta di revisione del decreto di risoluzione delle cosiddette “quattro banche”, altrettanto con la proposta di revisione delle norme relative alla fase di collocamento e vendita dei prodotti finanziari e così è adesso con la proposta di una diversa gestione del credito deteriorato, con la spinta verso una riformulazione dei controlli interni alle banche in un ambito di partecipazione organizzativa delle rappresentanze dei lavoratori, con la riproposizione di una legge per orientare la retribuzione manageriale anche alla produzione di reddito sociale.

È vero, infatti, che molti “misfatti” avvenuti nel sistema bancario in questi anni sono da attribuire alla combinazione di alcuni fattori tra loro negativamente cooperanti: la mancanza di reale indipendenza dei vigilanti; la mancanza di indipendenza delle funzioni di controllo aziendale; la mancanza di “indagine” sulla veridicità dei dati dichiarati dalle imprese bancarie da parte delle autorità di vigilanza; l’assenza di norme di legge davvero stringenti rispetto al corretto utilizzo dei questionari MIFID; l’assenza di verifica sull’effettiva rischiosità dei prodotti finanziari la cui valutazione è affidata all’intermediario emittente; comportamenti azzardati posti in essere da molti manager per il conseguimento dei risultati economici prefissati.

In questa situazione lasciarsi vincere dalla tentazione dello “scarica barile”, a cui, a tutti i livelli, ci hanno abituati governanti e manager di questo Paese, sarebbe sbagliato e per questo non intendiamo retrocedere né rispetto alla perseverante azione di riforma diffusamente messa in campo, né rispetto alla tutela di quei colleghi, quasi tutti di alto livello professionale e, quindi, dal nostro sindacato ritenuti fondamentali nella costruzione dei modelli organizzativi a cui aspiriamo.

Allo scopo, dunque, di concentrare meglio la nostra attenzione futura sulle autorità di garanzia e dare il nostro contributo ad una proposta di riforma da troppo tempo annunciata senza alcun risultato concreto, crediamo che sarà utile implementare il nostro modello organizzativo dando al coordinamento delle stesse nuovo vigore e maggior relazione con l’attività complessiva della Federazione.

Occorrerà infatti contribuire attivamente ad un’idea di riassetto complessivo delle authority che garantisca autonomia e indipendenza nelle azioni di controllo, a partire da quelle svolte dall’autorità anti corruzione.

In realtà, il ruolo ed i compiti di rappresentanza per il sindacato nelle authority non sono mai stati facili.

In Banca d’Italia, dove la dimensione della rappresentanza consente a FIRST CISL di essere organizzata come SAS di Complesso, esiste un vero e proprio ruolo contrattuale, tanto che il contratto Bankit costituisce la base per i trattamenti di tutte le altre autorità.

Grazie all’azione determinata del sindacato interno, il mutamento del ruolo della Banca, conseguente ai provvedimenti ed alle nuove regole europee sulla vigilanza, è stato ben governato, garantendo ai lavoratori nuove opportunità.

Nel resto del mondo delle authority il ruolo sindacale incontra però maggiori difficoltà, legate ad una serie di fattori storicamente non eliminati:

  • mancanza di un quadro di riferimento nazionale;
  • assenza di una controparte ” di settore”;
  • ambiguità delle varie amministrazioni, nel riconoscimento di accordi e percorsi di confronto, soprattutto in merito a carriere professionali e economiche;
  • relazioni inquinate dalla dipendenza delle controparti da affiliazioni politiche, che, stante l’instabilità del quadro governativo nazionale, non garantiscono coerenza di comportamenti nel tempo;
  • rapporti sindacali unitari resi non facili dalla presenza di componenti interne corporative, a scapito di riferimenti coerenti con le politiche sindacali del settore del credito.

La difficoltà a ottenere un confronto costruttivo con le varie autorità ci ha, dunque, spinti spesso a far ricorso alla magistratura del lavoro per ottenere il riconoscimento, ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori, dell’antisindacalità di alcuni comportamenti.

La nostra priorità resta, però, il recupero di un percorso di confronto e di realizzazione di un modello di relazioni sindacali, che investa tutto il mondo delle authority e che coinvolga tutte le organizzazioni sindacali.

Abbiamo avviato un percorso nazionale in questo senso, con l’obiettivo di costruire una linea comune di riferimento, a partire dalle sigle confederali, anche sul tema delle relazioni e delle libertà sindacali connesse allo svolgimento delle stesse.

Le strategie istituzionali
devono essere concepite e attuate
in modo da rispettare
autonomia e responsabilità delle persone.
(Stefano Rodotà)