#14 Continuare il cammino dell’emancipazione

La lettura sociale della crisi non è meno interessante di quella economica e pertanto la riflessione che come sindacato ci interessa di più è: come possiamo incidere con politiche economiche, sociali e culturali per indirizzare il cambiamento verso una vera parità di possibilità?

Sperimentato l’effetto distruttivo delle politiche di austerità e verificato come non sia risolutiva la politica monetaria della Banca Centrale Europea, per cercare di dare risposta al nostro interrogativo appare opportuno soffermarsi sulla lezione keynesiana che indica nell’intervento dello Stato, quando l’intero settore privato non spende, l’unica possibilità di sostenere la domanda e, per questa via, il reddito e l’occupazione.

A Bruxelles si sta, finalmente, discutendo di consentire l’esclusione della spesa per investimenti dai vincoli di bilancio obbligati dal cosiddetto “fiscal compact”.

Sì, ma quali investimenti sono più utili per il rilancio del Paese in ottica di genere?

Si parla di infrastrutture fisiche, strade, ponti, ferrovie e di infrastrutture sociali, salute, cura, istruzione.

Nel 2016 uno studio dell’International Trade Union Confederation dal titolo “Investing in the care economy” ha simulato l’impatto occupazionale e di genere di un potenziale investimento pubblico rispettivamente in costruzioni e nei servizi di cura, in sette paesi industrializzati, fra cui l’Italia.

L’investimento statale, come noto, attiva direttamente produzione e occupazione e aumento della domanda di beni strumentali per la realizzazione dell’investimento, a ciò si aggiunge l’aumento dei consumi dovuto all’aumento dei posti di lavoro che genera a sua volta aumento di produzione e così via; questo è lo schema comune a tutti gli investimenti in infrastrutture, ma il dato interessante emerso dallo studio citato è che l’investimento in servizi di cura crea, complessivamente, maggiore occupazione, e maggiore occupazione femminile.

La scelta del settore in cui investire, costruzioni o cura, avrebbe dunque un impatto rilevante sul differenziale occupazionale di genere, aumentandolo, nel caso delle costruzioni, settore ad impiego tipicamente maschile e riducendolo nel caso dei servizi di cura, settore ad impiego tipicamente femminile.

Gli investimenti in infrastrutture sociali, inoltre, sempre stando ai risultati dello studio citato, producono maggiore e più stabile occupazione, le cui imposte sul reddito contribuiscono, dopo un certo numero di anni, anche per la minore entità economica dell’investimento iniziale, ad ammortizzare l’investimento stesso.

Concludendo: è importante quanto investire ma anche come. È importante in ottica di genere, lo abbiamo visto, ma anche per rispondere ad un esigenza, oggi trasversale nel Paese, quale quella di strutturare la cura verso l’infanzia e verso gli anziani, migliorare la possibilità delle famiglie di scegliere, aumentare la natalità e consegnare agli anziani, di tutte le fasce sociali, la possibilità di vivere dignitosamente l’ultima parte della vita.

I dogmi di un passato tranquillo
sono inadeguati al presente tempestoso.
La situazione è irta di difficoltà
e noi dobbiamo essere all’altezza della situazione.
Poiché il nostro caso è nuovo,
dobbiamo pensare in modo nuovo
e agire in modo nuovo.
Dobbiamo emanciparci.
(Abraham Lincoln)