Assemblea di Federcasse: “serve responsabilità e lungimiranza”

Le indiscrezioni che filtrano dimostrerebbero, se confermate, una divaricazione nel Credito Cooperativo: l’ennesima e irrecuperabile occasione perduta

Ciò che accade oramai ovunque, come la cronaca nazionale e internazionale ci rappresenta quotidianamente, evidenzia spinte anti sistema, populiste, spesso irrazionalmente “contro”. Ma contro cosa? Non è questo il momento per tali analisi, ma la “Brexit” britannica ci ha insegnato quanto possa essere masochista tale spinta, perché procede per semplificazioni, anziché affrontare i problemi.

Sull’onda di tali fenomeni, dobbiamo attenderci una “secessione” nel Credito Cooperativo? Parrebbe proprio di sì.
In questo caso, tuttavia, non si scomodano i grandi poteri finanziari, la Comunità Europea, la politica, la grande stampa per prospettarci le apocalittiche conseguenze annunciate in altre circostanze. Anzi: tutto tace.

Ciò è molto sospetto, perché ci sarebbero le ragioni, anche in considerazione dei problemi più complessivi delle banche italiane, per occuparsene! E allora lo facciamo noi, ancora una volta, per tutti, invadendo questo surreale silenzio.Siamo a un capolinea della storia gravido di conseguenze. È bene esserne consapevoli. Quando il 24 gennaio del 2015 venne approvato il Decreto Legge di riforma delle Banche Popolari, per altro recentemente interessato da una sentenza avversa del Consiglio di Stato decisamente fuori tempo massimo, lo stralcio della riforma delle banche di Credito Cooperativo fu giustamente salutato come l’opportunità, riconosciuta alle stesse, di essere protagoniste del proprio destino futuro. Riforma si, quindi, ma affidata alla loro capacità di dimostrarsi all’altezza.
L’occasione della vita, verrebbe da dire.
La First/Cisl contribuì, come dimostrano i documenti, le iniziative e gli atti parlamentari, al concreto miglioramento di quel decreto, che quando fu finalmente convertito in legge (L.49 – 8/4/2016), offrì al Credito Cooperativo gli strumenti per affrontare e risolvere i propri problemi strutturali a beneficio della possibilità di rappresentare, concretamente, un’alternativa credibile e complementare al sistema bancario tradizionale.

È bene sia chiaro, che la trasformazione prevista dalla riforma presenta l’opportunità, non ripetibile, di emancipare il Credito Cooperativo dal limbo culturale nel quale era stato confinato da una certa retorica e stereotipata visione dell’attività bancaria cooperativa.   Rappresenta inoltre l’occasione, per dimostrare che l’attenzione al territorio, all’economia reale, allo sviluppo organico delle comunità, all’inclusione solidaristica, in altri termini a un modello di sviluppo socialmente orientato sono realizzabili, anche e di più, attraverso la reciprocità mutualistica, anziché l’orientamento alla massimizzazione del profitto e alla remunerazione dell’azionista.

La compresenza  di modelli bancari differenti rimane  un valore, ma l’opportunità straordinaria di sdoganare il credito cooperativo dalla “marginalità”, anche culturale, nella quale era stato confinato dai cliché globalizzati dominati (ricordiamo alcune definizioni diffuse: incidente della storia, irrilevante, inadeguato, di nicchia, arretrato) è  oggi concretamente  disponibile e  per la prima volta affidata all’autodeterminazione dello stesso, all’interno di un quadro di regole certe e oggettive a garanzia di tutti.

Se ciò non bastasse, l’occasione è irripetibile anche per dimostrare che il principio mutualistico, incardinato sul vincolo di responsabilità intergenerazionale, può avere concreta e misurabile attuazione, ben oltre una certa retorica di maniera.

Come? Consegnando alle future generazioni questo patrimonio integro, perché formatosi nel tempo su questi presupposti e oggi fortemente a rischio come i dati di bilancio  dimostrano (più di 100 Bcc con gli  NPL oltre la soglia di attenzione che occupano circa 10.000 colleghi– oltre 25 MLD di NPL lordi di cui 15,2 mld di NPL netti – poco più di 20 MLD di patrimonio complessivo ma parcellizzato – oltre 2,5 MLD di rettifiche su crediti – redditività azzerata – Utile d’Esercizio complessivo di circa 500.000 € considerando che l’utile su titoli, per definizione non ripetibile, è stato di quasi 1,7 MLD). Anche ciò, fu ampiamente e dettagliatamente previsto dalla First CIsl.

A pochi giorni dall’ennesima convocazione del Consiglio Nazionale di Federcasse previsto per il 20 dicembre p.v., le indiscrezioni che filtrano e non ci tranquilizzano, dimostrerebbero, se confermate, una divaricazione nel Credito Cooperativo: l’ennesima e irrecuperabile occasione perduta. Ne prendiamo atto anche se dividersi, anziché coalizzarsi, sarebbe un errore che potrebbe essere pagato a caro prezzo, anche dai lavoratori.

Un sistema diviso, in competizione intestina, prefigurerebbe un “non sistema”, che impedirebbe di affrontare con la necessaria forza e consistenza la delicata situazione economica, la riconversione di molte strutture di secondo livello, la razionalizzazione del numero delle banche e degli sportelli, la riorganizzazione e finalizzazione del sistema associativo, ma anche la fase dei necessari investimenti e quindi della competitività futura.

La principale conseguenza prospettica risulterebbe evidente: la dissoluzione della possibilità storica di diventare protagonisti tra i modelli bancari su scala domestica, ma non solo, come avvenuto in atri paesi. Nell’immediato l’esito sarebbe il seguente: piccoli tra i piccoli. Destino segnato? Con certezza ne risulteranno ridimensionate le ambizioni in un contesto di mercato e normativo che imporrà, viceversa, solidità, dotazione patrimoniale e forti investimenti. Tutti si aggregano (comprese le centrali cooperative), qui ci si divide: è un fatto.

Non ha alcun senso la discussione in corso sulle differenti possibili applicazioni della legge di riforma, a seconda di chi sarà la capogruppo.

Le regole sono chiare, a partire dall’autonomia delle BCC: graduata a seconda della virtuosità, come richiesto dal principio delle garanzie incrociate, che caratterizza il gruppo bancario cooperativo. Potrebbe essere altrimenti rispetto a comportamenti inadeguati, che si scaricherebbero su tutti?

Non si comprende né perché tale condizione debba spaventare (all’opposto dovrebbe tranquillizzare), né come si possa prospettare da un lato, o rivendicare dall’altro, una condizione differente, che a ben vedere è tra le cause aggravanti della difficile condizione odierna.

Detto altrimenti, sarebbe come se in qualsiasi situazione imprenditoriale o sociale, famiglia inclusa, ciascuno potesse agire comportamenti di ogni tipo, indipendentemente dagli effetti che essi possano generare.

L’autonomia, che non ci pare essere in discussione, si fonda sulla responsabilità e corresponsabilità, che esigono la presenza di regole esigibili e correzioni conseguenti al verificarsi di deviazioni e violazioni pericolose.

Prima ancora che esigenze imprenditoriali, ci paiono assunti del “vivere civile”.

Su queste basi ci appelliamo, ancora una volta, alla responsabilità di tutti affinché si possa ricreare una unità d’intenti e di obiettivi attorno ad un progetto comune, da individuarsi sulla base delle migliori condizioni (patrimoniali, funzionali, organizzative) previste dalla legge di riforma e dalla normativa di secondo livello emanata dalla Banca d’Italia, oggettivamente rilevate. In ogni caso, temiamo le conseguenze di una situazione radicalizzata, che incanali le energie e le disponibilità del credito cooperativo in una competizione intestina. Le motivazioni sono evidenti e le ricadute lo sarebbero altrettanto.

Per queste ragioni il nostro reiterato appello alla collaborazione è forte e perentorio.

Le scelte di oggi si riverbereranno su chi, proprio oggi, non può scegliere: lavoratori, soci, comunità locali e clienti. Il domani appartiene a loro e per questo occorre ponderarle bene.

È una fase tipicamente costituente e chiediamo non si trasformi nell’epilogo di una storia. Ci aspettiamo, che nessuno voglia assumersi questa responsabilità di fronte al futuro.