Barometro Cisl, stagnazione salari e produttività

Si chiama “Il Barometro Cisl” del benessere e disagio delle famiglie il bollettino periodico della Cisl che da circa 2 anni si propone di offrire un quadro complessivo ed affidabile dei fenomeni socio economici a più rapida evoluzione che costituiscono una parte importante anche se non esclusiva del benessere delle famiglie e del paese. Il numero di marzo affronta il tema della stagnazione delle retribuzioni, quale fattore di rischio del quadro macroeconomico, esaminandone determinanti e andamenti lontani nel tempo e a noi più vicini.

I diversi contributi si focalizzano sul confronto internazionale, come sulle specificità settoriali a livello nazionale. Vi sono, inoltre, una scheda sul rinnovo contrattuale dell’Ig Metall (la federazione sindacale tedesca che rappresenta i lavoratori del settore metallurgico) e approfondimenti sull’equità retributiva di genere, sul cuneo fiscale e sul potere d’acquisto delle pensioni.

Il Barometro CISL è stato progettato ed implementato da Gabriele Olini della Fondazione Tarantelli – Centro Studi, Ricerche e Formazione in collaborazione con Ref Ricerche, cui è stata affidata l’elaborazione delle statistiche e l’aggregazione degli indicatori sintetici. Hanno collaborato a questo numero per la Fondazione Tarantelli Giuseppe Gallo (Presidente), Maurizio Benetti, Gabriele Olini, Vilma Rinolfi. Per Ref Ricerche Fedele De Novellis, Marina Barbini e Valentina Ferraris e Sara Signorini.

Proponiamo di seguito alcuni brevi stralci degli interventi:

Fedele De Novellis e Marina Barbini: “La crisi economica scoppiata nel 2008-09 ha avuto conseguenze su tutte le maggiori economie, colpendo con durezza i mercati del lavoro. Gli effetti della crisi sulla domanda di lavoro sono visibili tanto sui livelli dell’occupazione, quanto sulla crescita dei salari. […] se non si riattiva la dinamica della produttività allora tutto il costo dell’aggiustamento dei disequilibri italiani continuerà a pesare sui salari, che continueranno ad ampliare la distanza da quelli tedeschi per compensare l’incapacità di ridurre il gap di crescita della produttività. Un esito evidentemente non auspicabile e che richiede sforzi concreti alle politiche economiche”.

Annamaria Furlan: “L’accordo tra Confindustria e Cgil, Cisl, Uil del 27 febbraio u.s. interviene in questo contesto con grandi potenzialità innovative. Esso ha di mira la valorizzazione del lavoro e delle retribuzioni ed è, nella sua ispirazione, un Progetto di sviluppo per il sistema – paese, facendo di relazioni industriali partecipative e stabili una condizione per un significativo aumento della competitività, della produttività, dei salari. Si tratta di una risposta a due questioni strutturalmente integrate e speculari: la debolezza delle retribuzioni e della produttività, più volte richiamate in questo numero speciale del Barometro. E’ stato dato, infatti, un chiaro segnale che la contrattazione con Confindustria dovrà caratterizzarsi sui temi innovativi delle politiche attive, della formazione per le competenze del lavoro che cambia, del welfare contrattuale, della sicurezza del lavoro e soprattutto della partecipazione dei lavoratori. E’ un accordo che vuole valorizzare le persone, rafforzando l’occupabilità, rendendole più protagoniste e partecipi nel luogo di lavoro”.

Valentina Ferraris: Secondo le stime Eurostat, nel settore pubblico il differenziale retributivo tra i generi è molto basso in Italia, pari a 2.9 per cento nel 2016, uno scostamento modesto che può essere ricondotto a differenze nella composizione per contratti, posizione professionale, anzianità e comparto. Invece nel settore privato il gender wage gap in Italia non è troppo distante dai livelli osservati negli altri paesi europei, pari al 19 per cento. […] D’altra parte il divario retributivo di genere complessivo si declina diversamente secondo le caratteristiche dell’occupazione. Si osserva ad esempio che tende ad aumentare con l’età dei lavoratori considerati: se tra i più giovani il gender wage gap è modesto, il divario aumenta per le classi di età più avanzate. […]

Sebbene in Italia la priorità sia ridurre soprattutto il divario occupazionale, promuovendo la partecipazione femminile al mercato del lavoro mediante interventi anche per favorire la conciliazione, sicuramente non andrebbe trascurata l’equità retributiva e la lotta alla discriminazione.”

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